Europa sempre più impestata di coronavirus. Gli ultimi dati dell’Oms certificano la nuova impennata dei contagi in tutto il Vecchio continente. Spiccano i Balcani e gli Stati dell’Est, a partire dalla Bielorussia dove si registra il valore maggiore (7.190 casi per milione di abitanti), seguita da Moldavia (6.399), Macedonia del Nord (5.393), Montenegro (5.364) e Kosovo (5,100; +23,4%). A Skopje il record di decessi (243 per milione), mentre il tasso più basso è stato rilevato in Grecia (451) e Slovacchia (434).

Ma la pandemia ha raggiunto livelli preoccupanti anche in Romania (+1.232 casi da mercoledì a ieri) e soprattutto in Spagna: nelle ultime 24 ore i nuovi infettati hanno raggiunto quota 1.683 con la regione Nord-orientale dell’Aragón in cima alla lista europea della più alta incidenza di Covid-19 e un’intera città, Aranda de Duero, nella regione settentrionale di Castilla y León, che ha dovuto imporre ai suoi 32mila residenti il lockdown di due settimane dopo che sono stati rilevati 230 casi di coronavirus nell’area, stesso provvedimento assunto meno di una settimana fa nei comuni poco distanti di Íscar e Pedrajas de San Esteban.

EPPURE INQUIETA non poco anche la Germania con mille nuovi casi in un giorno: il più alto numero dallo scorso 7 maggio.

Così a Berlino si è riaccesa ufficialmente la spia d’allarme dopo che l’istituto Robert Koch (Rki) ha confermato l’indice di diffusione pari a 0,9.

In queste condizioni «non possiamo abbassare la guardia ed è necessario che tutti rispettino l’obbligo di indossare le mascherine», l’appello di Jans Spahn, ministro della Sanità, nel corso della conferenza stampa in cui ha annunciato ulteriori misure di contrasto alla pandemia. Dal test obbligatorio per i viaggiatori provenienti dalle aree a rischio, ai tamponi facoltativi per i tedeschi che rientrano dalle vacanze all’estero, fino alla maxi-sanzione di 25 mila euro per chi si rifiuta di sottoporsi ai controlli sanitari.

Alla base del giro di vite, l’incessante rifiorire di focolai in qualunque contesto (aziende, famiglia, centri sportivi e ricreativi) così come la forte crescita dei contagi nei Paesi sulla black-list appena aggiornata dal Rki.

In testa, le regioni spagnole di Navarra, Aragón e Catalogna, la provincia belga di Anversa e il Lussemburgo, ma anche Serbia, Bosnia, Kosovo, Turchia, Bielorussia, Moldavia, Russia, Israele, Usa, Iran, Libia e più di metà dell’America Latina. Tutti accomunati dall’indice di oltre 50 positivi ogni 100 mila abitanti.

Per questo Spahn ieri ha dato il via libera ai cosiddetti “ambulatori volanti” in tutti gli aeroporti, porti, stazioni ferroviarie, nonché nei principali snodi delle autobahn, da affiancare ai centri per i test rapidi già attivi dall’inizio della fase due.

«Il Covid-19 non solo non è scomparso in Germania ma rischia di tornare ai livelli della primavera» avverte il ministro Cdu, impegnato anche nel tentativo di armonizzare le contromisure a “macchia di leopardo” adottate nei diversi Land della Bundesrepublik.

Un puzzle di competenze da governare nel rigido rispetto del federalismo, proprio alla vigilia dell’inizio dell’anno scolastico, superando le diametrali differenze tra l’Assia (che ha lasciato carta bianca alle singole scuole), il Brandeburgo (che ha prima abolito e poi reintrodotto l’obbligo delle mascherine) e Berlino (dove i dispositivi di protezione individuale sono previsti solo nelle aree comuni).

IN OGNI CASO, i controlli di massa in Germania sono iniziati da quattro giorni: in Baviera circa 18mila vacanzieri si sono già sottoposti a tampone, mentre all’aeroporto di Francoforte (principale hub europeo) il numero di test ha superato quota 40mila. Con la spesa rimborsata a chiunque presenti la carta d’imbarco, ricevuta d’albergo, o qualunque altro documento comprovante il soggiorno all’estero. Gli esiti delle analisi sono mediamente disponibili in 24-48 ore.

Costo previsto dal governo: 50,5 milioni di euro prelevati dalla riserva di liquidità dei fondi sanitari rifinanziati dopo il lockdown.
Basteranno? Per adesso pare di sì, anche se sul quotidiano Die Zeit il più importante virologo tedesco responsabile della clinica Charité di Berlino, Christian Drosten, avverte le autorità sanitarie di prepararsi alla seconda ondata di Coronavirus che «molto probabilmente» si verificherà tra l’autunno e l’inverno.

«Mentre la maggioranza delle catene dell’infezione finora sono risultate rintracciabili, in futuro potrebbero comparire nuovi casi ovunque, nello stesso momento e in qualunque fascia di età» prefigura Drosten. Paventando il rischio di collasso della Sanità pubblica dato che «gli ambulatori scarsamente dotati di personale saranno inevitabilmente sovraccaricati».

Prospettiva da incubo, evitabile – spiega Drosten – unicamente se si riuscirà a mettere in atto «una strategia per evitare il blocco generale, come nella scorsa primavera».

In pratica, vuol dire concentrare il contenimento anzitutto ai piccoli cluster isolando tutti i sospetti senza attendere il risultato dei tamponi: «Può essere una grande festa di famiglia, una classe scolastica, un ufficio a pianta aperta oppure una squadra di calcio» specifica il virologo, prima di consigliare ai tedeschi di «tenere un diario dei contatti questo inverno».