Alle 8:16 del 6 agosto 1945 a Hiroshima un lampo accecante vaporizzò 140.000 vite umane, condannando i sopravvissuti a sofferenze inenarrabili seguite in molti casi da una morte straziante. L’orrore fu reiterato 3 giorni dopo a Nagasaky. Questo settantacinquesimo anniversario può non essere rituale, perché per la prima volta si sta per acquisire uno strumento capace di portare all’eliminazione delle armi nucleari.

Perhé è potuto accadere? Una recente inchiesta ha mostrato che fra i cittadini europei prevale la convinzione che le bombe sul Giappone siano state una necessità per indurlo alla resa e salvare vite di militari americani. Gli storici hanno da tempo smontato questa tesi: in primo luogo vi erano altre possibilità, come invitare responsabili giapponesi ad assistere a un’esplosione, dato che il Trinity Test del 16 luglio aveva dimostrato la spaventosa distruttività della bomba. Il Giappone era allo stremo, sebbene si scontrassero nei comandi militari una linea dura ed una propensa alla resa, ma l’irrigidimento di Washington per la resa “incondizionata” precluse questo esito.

Peraltro gli Usa, che da tempo insistevano perché Mosca aprisse un fronte contro il Giappone, ora volevano affrettarne la resa per escludere l’Urss dagli accordi post bellici sul Pacifico: questa fu la sola motivazione della successiva esplosione su Nagasaky. Insomma, sono molti i motivi per interrogare anche i titubanti se ne valeva la pena! Perché ancora oggi è questa la ratio delle armi nucleari.

Quando nel dopoguerra la proliferazione nucleare dilagò all’Urss, alla Gran Bretagna, la Cina, la Francia, e con la sua collaborazione Israele, divenne necessario un trattato internazionale che ponesse un limite. Si arrivò così nel 1970 al Trattato di non proliferazione (Tnp), che soffrì di una contraddizione intrinseca imponendo obblighi difformi agli stati aderenti, poiché a chi già aveva l’arma nucleare era concesso di continuare a svilupparla (negli anni ‘80 gli arsenali nucleari toccarono la cifra demenziale di 70.000 testate), mentre a chi non la possedeva era vietato realizzarla: la “carota” era l’articolo VI del Tnp che impegnava gli stati nucleari a condurre trattative in buona fede per il disarmo completo. Promessa di marinaio, poiché il Tnp non è vincolante.

Con la fine della guerra fredda le armi nucleari risultarono obsolete come deterrente, si aprirono grandi speranze di una loro eliminazione e si avviò realmente un processo di riduzione: ma verso la fine del secolo le tensioni internazionali si aggravarono e il processo di disarmo rallentò. Qui il Tnp tradì i propri limiti per l’inadempienza degli stati nucleari dell’articolo VI: infatti la bomba nucleare venne realizzata dal Sudafrica (che tuttavia smantellò il proprio arsenale sotto il governo Mandela), dal Pakistan e dall’India (che non avevano firmato in Tnp) e dalla Corea del Nord (che per realizzarla recedette dal Tnp, che lo consente). E non ha impedito lo schieramento delle B61 in Europa, 70 in Italia.

Se non bastasse, Trump ha smantellato pezzo per pezzo il pur carente regime di non-proliferazione, rescindendo unilateralmente tutti i trattati di riduzione e controllo delle armi nucleari, e ha incentivato progetti pluri-miliardari di nuove mini-testate che dietro un’illusione di poter condurre una guerra nucleare limitata ne aggravano a dismisura il rischio. Oggi tale rischio è più alto che in tutti i 75 anni passati!

L’impotenza del Tnp di garantire l’eliminazione di queste armi, a fronte dell’esasperazione della minaccia di una guerra nucleare, ha dato origine una decina di anni fa alla Campagna Internazionale della società civile per l’Abolizione delle Armi Nucleari, Ican, che è riuscita a portare all’Onu e fare approvare il 7 luglio 2017 un Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari, Tpan, che avrà carattere vincolante. Per entrare in vigore il Tpan deve essere ratificato da 50 Stati, ma siamo già a 40 e fra breve esso sarà sicuramente un componente del diritto internazionale.

Ovviamente questo non assicurerà l’eliminazione delle armi nucleari, anche perché gli Usa e la Nato osteggiano ferocemente il Tpan, ma il possesso, l’uso, e la minaccia dei queste armi saranno per il diritto internazionale, e quindi per il senso comune, un crimine contro l’umanità: l’esito sarà analogo a quello delle altre convenzioni che vietano armi di distruzione di massa, considerate appunto un crimine.

Qui si pone una ferma richiesta al governo italiano di firmare il Tpan: è un atto che esula dagli interessi politici contrastanti dei partiti, e nella sostanza non tocca neanche la sostanza degli equilibri militari internazionali, è un dovere verso i cittadini e riscatterebbe la subalternità storica dell’Italia, che ai tempi di Trump diviene aperta complicità con un criminale