Ci ha lasciati Alberto Magnaghi
Lettere Caro Alberto, non ci siamo mai persi dai giorni in cui osammo volgere lo sguardo al cielo per poi riabbassarlo per continuare a voler cambiare ripartendo dai tuoi “Quaderni del […]
Caro Alberto,
non ci siamo mai persi dai giorni in cui osammo volgere lo sguardo al cielo per poi riabbassarlo per continuare a voler cambiare ripartendo dai tuoi “Quaderni del Territorio” e dal mio continuare a cercare per continuare a capire… Si andava per comunità montane ripartendo dal locale, dagli agenti di sviluppo, poi fabbrichetta per fabbrichetta nel postfordismo della fabbrica diffusa confrontandoci con i distretti di Becattini e De Rita, riscoprendo le comunità concrete del vento di Adriano Olivetti tenendo assieme coscienza di classe e coscienza di luogo.
Strabici nel sincretismo di uno sguardo ai muretti a secco della tua alta Langa e della mia valle sino alle metamorfosi delle città, città infinita, metromontagne di Beppe da ridisegnare nell’eterotopia della bioregione nell’epoca dell’antropocene dei flussi che impattavano e mutavano i luoghi dentro la crisi ecologica anticipata da Ganapini.
Si sperimentavano Patti Territoriali e Contratti di Fiume non come modelli, ma come tracce di coscienza di luogo, embrioni di comunità concrete tendenti all’autogoverno dal basso di un margine che si fa centro ragionando con Antonella e Marco a Paraloup, ma sempre attenti alla scomposizione e ricomposizione dei lavori in quel volgo disperso nelle reti logistiche e dei saperi che seguivamo per capire con Sergio Bologna.
Poi ci chiamavi con confidenza convocatoria al confronto nella tua piccola comunità che si era fatta “Società dei territorialisti” contaminante l’accademia urbanistica e ci chiamavi a casa. E ci sentivamo a casa, a Camaldoli, nelle tue Langhe, in Puglia, all’Università a Firenze o Venezia con Anna Marson nel tessere ritessere e raccontare esperienze territoriali non “come dei cani in chiesa” avrebbe detto Alquati che aveva anticipato l’iperindustrializzazione dei territori e dei lavori.
In questo ci sei stato maestro sino all’ultimo curando “il libro di comunità Ecoterritorialismo” che scava nelle derive accelerate della Zivilisation per “La democrazia dei luoghi. Azioni e forme di autogoverno comunitario”.
Ci mancherai. Mi mancheranno anche i tuoi burberi e dolci rimproveri ai miei microcosmi ogni volta che si soffermavano più sulle imprese e meno sui distretti sociali, o le osservazioni alle mie sintesi un po’ troppo ardite senza bibliografia da accademico militante e da compagno di strada.
Un abbraccio,
Aldo