Mi riprendo il manifesto, una campagna unica
Lettere Molto volentieri aderirei alla proposta di donazione, inviando un contributo, se solo sapessi quale sarebbe la destinazione del mio contributo nel caso non raggiungeste l’importo necessario per rilevare la testata […]
Molto volentieri aderirei alla proposta di donazione, inviando un contributo, se solo sapessi quale sarebbe la destinazione del mio contributo nel caso non raggiungeste l’importo necessario per rilevare la testata o nel caso in cui il liquidatore (anche per ragioni a voi non imputabili) non accetti di vendere la testata alla vostra cooperativa.
Grazie per ogni informazione in merito.
Cordialmente
Gisella De Simone
La risposta di Matteo Bartocci
Cara Gisella, questa campagna di sottoscrizione è diversa da tutte le altre.
Non ce n’è mai stata un’altra prima e non ce ne sarà mai più un’altra come questa. Abbiamo di fronte un’occasione drammatica ma irripetibile: salvare la testata dalla liquidazione e fare un’offerta di acquisto che impedisca che «il manifesto» finisca in mani «sporche» o addirittura «ostili».
Non c’è un importo stabilito e nessuna «soglia» da raggiungere. C’è solo un obiettivo: fare un’offerta congrua ai commissari liquidatori e liberare «il manifesto» dalle ipoteche del passato.
Ci muoviamo in un campo scivoloso per noi lavoratori. In cui non tutto dipende dalle nostre volontà e capacità. Ci sono leggi, procedure, avvocati, banche e fiscalisti. L’acquisto di un bene in liquidazione è un’operazione complessa. Rischiosa.
Stavolta non vi racconteremo, per esempio, la cifra che stiamo raccogliendo, per non dare «vantaggi» a eventuali avversari.
Né potremo entrare nel dettaglio sulle effettive procedure giuridiche che stiamo attivando sulla proprietà della testata, per comprensibili motivi di riservatezza in una trattativa così delicata.
Da oltre un anno stiamo cercando, ad esempio, delle linee di credito bancario per accompagnare e sostenere l’offerta finanziaria ai liquidatori. Cosa molto difficile per un’impresa appena nata come la nostra, che opera in un settore in crisi come l’editoria e con un passato finanziario «ingombrante».
In tutti questi anni abbiamo imparato che possiamo contare innanzitutto sulle nostre forze. Che siete voi. E non siete pochi.
Sappiamo che se ciascuno di noi mette un pezzettino, insieme possiamo farcela.
Non sappiamo se altri soggetti vogliono tentare di appropriarsi de «il manifesto». Potrebbe accadere l’indicibile. Sappiamo però che glielo impediremo con tutte le nostre forze.
Non c’è nessun «piano B».
Questa campagna politica ed editoriale la facciamo alla luce del sole, a viso aperto: vogliamo essere editori di un giornale libero, indipendente e autonomo da qualsiasi potere. Perché tutti i poteri si somigliano se fai un giornale.
Per riuscire a liberarci (e librarci in volo), dobbiamo avere molte frecce al nostro arco.
Ci serve una discreta provvista finanziaria, sulla quale chiediamo il vostro aiuto e alla quale partecipiamo in prima persona «donando» anche noi compagni del manifesto 300 euro al mese.
Ci serve un piano industriale e finanziario preciso e realistico, che metta in sicurezza il giornale dalla crisi della stampa e, anzi, ponga le basi per il rilancio politico ed editoriale della nostra comunità.
Ci serve la forza culturale di esserci, di lottare, che speriamo di offrirvi nel nostro lavoro quotidiano.
Di un «manifesto» in salute c’è bisogno, oggi più che mai.
[do action=”citazione”]Non vogliamo nemmeno pensare al fallimento di questa impresa. Se «il manifesto» non tornerà al manifesto, cioè a noi e a voi, vorrà dire che il giornale sarà di qualcun altro. Di un padrone. E questo non deve accadere, né ora né mai.[/do]
Sarebbe come averlo ucciso.
Il manifesto o è libero o non è.
Mai come stavolta la libertà si guadagna a caro prezzo. Insieme possiamo farcela. E ce la faremo.
Matteo Bartocci