Lettere

Mobilitare i saperi, per prendere posizione: un invito alla solidarietà anticoloniale 

Lettere Mobilitare i saperi, per prendere posizione: un invito alla solidarietà anticoloniale 

Pubblicato circa un anno fa

Come studiose antirazziste, femministe e anticoloniali impegnate in studi critici ci uniamo alle innumerevoli voci emerse a livello internazionale per chiedere la fine dell’assedio a Gaza, l’immediata cessazione dei bombardamenti, la liberazione di ogni ostaggio, l’apertura di un corridoio umanitario per sostenere la popolazione, il ripristino delle condizioni di vita per le/i palestinesi che sono lì intrappolat^ e la fine del colonialismo razzista Israeliano, che da 75 anni produce morte, orrore e subalternità. Avvertiamo e denunciamo, all’interno delle università, nelle istituzioni culturali e artistiche e nel dibattito pubblico il clima pesante di un discorso che si impone come unico e incontestabile. 

Ci troviamo a essere testimoni dell’accelerazione di un processo di pulizia etnica rimasto impunito: un genocidio portato avanti alla luce del sole ai danni del popolo Palestinese, occultato attraverso una paradossale invocazione al “diritto alla difesa”. Mentre i media occidentali sono impegnati a raccontare questa ennesima escalation di violenza come uno scontro di civiltà, noi, “l’evoluto Occidente dei diritti”, contro loro, “i musulmani barbari e terroristi”, noi ci chiediamo chi abbia diritto a difendersi e come, e chi sia legittimato all’uso del terrore. Cos’è il terrorismo? Non è forse terrorismo anche il colonialismo d’insediamento, che accelera un processo in corso da circa un secolo? Il potere di nominare le cose è, da sempre, un potere coloniale.

Nonostante in Europa diverse iniziative in sostegno alla Palestina siano state vietate, censurate e/o invisibilizzate, in queste settimane si è visto esplodere un fortissimo movimento di solidarietà. La composizione delle manifestazioni che sono state fatte in Italia e nel mondo ci restituisce l’immagine di cortei e piazze colmi di persone con background migratorio, persone Musulmane, persone Nere, persone non musulmane antimperialiste, persone ebree antisioniste. Questo conferma un fatto ovvio: la lotta del popolo palestinese è una lotta anticoloniale. Le diaspore di tutto il mondo lo sanno. 

La retorica civilizzatrice costruita in questi anni strumentalizzando le donne e le persone LGBTIQ+ ha legittimato culturalmente il colonialismo israeliano, identificando il paese come “baluardo dei valori e dei diritti occidentali e della democrazia”, mentre agisce in spregio a tutti gli accordi internazionali per la tutela della popolazione civile. Come studiose e soggetti coinvolti, condanniamo il modo in cui questa retorica viene messa a servizio dell’occupazione militare e della pulizia etnica in Palestina e dell’Islamofobia in Europa, unendoci ancora una volta al fianco di chi resiste e lotta per l’autodeterminazione.

È importante che chi si occupa, in università e non solo, di teorie e pratiche trasformative, utilizzi i propri strumenti, la propria voce, il proprio posizionamento per sostenere la lotta palestinese. Ne va non solo della nostra umanità e capacità critica, ma anche della nostra onestà intellettuale e legittimità nel maneggiare saperi così preziosi in tempi così bui. 

Mai come in questo momento c’è bisogno di pensiero critico, di domande, di complessità, di posizionamenti, per leggere nell’orrore del presente le radici multiple della violenza e di una oppressione sistematica. È importante che questo accada nei luoghi dove i saperi si producono, perché ogni guerra, ogni sistema di dominio ha un fronte culturale. 

Chi si occupa di approcci critici, studi decoloniali, postcoloniali, queer femministi, sa che questi non sono saperi astratti, carriere accademiche, posizioni di rendita nell’economia della conoscenza – sono saperi che sgorgano dal vivo delle lotte, della resistenza e dell’autodeterminazione di soggettività oppresse e rese subalterne. Sono strumenti, per resistere e per liberare. E così intendiamo continuare a utilizzarli. 

È per questo che ci impegniamo e invitiamo a discuterne in aula e fuori, a creare occasioni di dibattito pubblico e approfondimento, a organizzarsi, a condividere e sostenere il popolo palestinese. Ma soprattutto vogliamo unirci alle molte voci che oggi chiedono il cessate il fuoco. Subito.

***Mackda Ghebremariam Tesfaù (Università di Padova), Ilenia Caleo (IUAV Venezia, Master Studi e politiche di genere Roma3), Nina Ferrante (Université de Liège), Maddalena Fragnito (Centre for Postdigital Culture, Coventry University), Francesca De Rosa (Università di Napoli L’Orientale), Marie Moïse (Stanford University Florence, Università di Innsbruck), Alessandra Ferrini (University of the Arts London), Valeria Ribeiro Corossacz (Roma3), Marta Panighel (Università di Genova), Marina Vitale, Tiziana Terranova (Università di Napoli L’Orientale), Federica Giardini (Roma3), CRAAAZI, Alessia Di Eugenio, Federica Castelli (Roma3), Federica Timeto (Cà Foscari), Miriam Tola (John Cabot University Roma, Northeastern University Boston), Alessandra Ferlito, Simone Frangi (ESAD Grenoble), Anna Serlenga (Milano Mediterranea, Corps Citoyen), Ilenia Iengo (ICTA, Universitat Autònoma de Barcelona), Valeria Cirillo (Roma3), Angela Balzano (CPS, Università di Torino), Annalisa Frisina (Università di Padova), Alina Dambrosio Clementelli (Università di Milano)

*** Per firmare e sostenere: