Ricordo di Luigi Filippetti
Lettere Avevo cominciato a non credere più alla parola «compagno». Compagno no perché sei troppo moderato e io più rivoluzionario, compagno no perché legato al 900, compagni no perché noi giovani […]
Avevo cominciato a non credere più alla parola «compagno». Compagno no perché sei troppo moderato e io più rivoluzionario, compagno no perché legato al 900, compagni no perché noi giovani non commettiamo i vostri errori.
Luigi, per tutti Gigi, l’avevo notato negli anni 90 perché era a Pesaro, a Fano, a Senigallia, ad Ancona e ovunque era a suo agio. Tant’è che un giorno gli ho chiesto informazioni su dove attaccare uno striscione alla festa dei giovani di Rifondazione a Senigallia nel ’95, mi aveva attaccato bottone e ci eravamo immersi nelle discussioni e lo striscione era rimasto li.
Poi le sedi da ristrutturare, le discussioni sui lavoratori del porto che vanno rimotivati alla lotta, perché finché la lotta non paga intanto ci fa essere classe. Non avevo il coraggio di controbattere perché la verità vera è che io avevo capito che non c’è più niente da fare, e lui invece aveva più vista lunga: c’è sempre da fare.
Allora sono andato nella camera mortuaria e gli ho infilato una castagna vicino ai piedi. È bene che anch’io continui a credere nei compagni, Gigi.