Parigi brucia, letteralmente: alle 18.50 è scoppiato un terribile incendio nella cattedrale di Notre-Dame, il tetto è crollato, poi è venuta giù la guglia, centinaia di pompieri ore dopo cercavano ancora di spegnere il fuoco, che sembra aver preso dove c’erano i lavori di restauro.

EMMANUEL MACRON ha annullato l’atteso intervento tv, previsto alle ore 20 per rispondere al movimento dei gilet gialli, che da più di cinque mesi scuotono la Francia. «Notre Dame in preda alle fiamme – ha scritto in un tweet Macron – emozione di tutta la nazione. Pensiero per tutti i cattolici e per tutti i francesi. Come tutti i nostri compatrioti sono triste stasera di veder bruciare una parte di noi». Macron, il primo ministro, Edouard Philippe, il ministro della cultura, Franck Riester, e il segretario di stato agli Interni, Laurent Nunes si sono recati sul posto all’inizio della serata. La sindaca, Anne Hidalgo – il comune è a due passi da Notre-Dame – ha seguito la tragedia minuto dopo minuto. Fumi grigi e gialli ad ondate nel cielo, turisti presi in trappola e che continuano a fotografare, fermate del metro chiuse, strade bloccate in tutta la zona, dai due lati della Senna. L’emozione è enorme, al di là della religione. Dall’estero, Angela Merkel, parla del «simbolo della nostra cultura europea», per Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo, «siamo tutti parigini». Anche Donald Trump ha inviato un messaggio.

Il fuoco a Notre-Dame, il monumento più visitato d’Europa, ha bloccato la Francia. Si spera che non ci siano vittime, l’entrata alle torri chiude alle 18.

LE RAGIONI DELL’INCENDIO, secondo le prime analisi dei pompieri, potrebbero dipendere dai lavori in corso. Il fuoco sarebbe partito dalla controsoffittatura. Il tetto, una parte del XIX secolo ma l’altra del XIII, è andato in fumo. I pompieri hanno avuto moltedifficoltà perché il tetto è alto, e hanno cercato di salvare il più possibile le opere d’arte. «Non resta più niente», afferma desolato un portavoce dell’arcivescovado. L’Unesco ha proposto di venire in aiuto per la ricostruzione.
Macron ha rimandato l’intervento in tv, forse a oggi. Jean-Luc Mélenchon non ha avuto la pazienza di aspettare la decisione dell’Eliseo: «Macron è meglio che taccia» ha detto subito, per poi aggiungere che l’incendio è «una pugnalata» per tutti.

UN MESE FA È FINITO il «Grande Dibattito», la sequenza di discussioni tra cittadini – 14 delle quali con la presenza di Macron, che ha fatto il giro di tutte le regioni francesi – che il presidente aveva proposto da metà gennaio come prima risposta al movimento dei gilet gialli. Più di 10mila riunioni pubbliche, più di 16mila cahiers de doléances compilati nelle sedi dei comuni, conferenze regionali con partecipanti tirati a sorte, 570mila contributi online per il grande dibattito delle autorità e 300mila sul sito del Vrai débat, sono stati la risposta ai gilet gialli: una grande terapia psicoanalitica nazionale, a cui ha partecipato più di un milione e mezzo di persone, che ha avuto la funzione di calmare un po’ gli animi, anche se le manifestazioni dei gilet sono continuate, sabato dopo sabato (ma con una partecipazione in netto calo). Le autorità avevano indicato i 4 temi principali – la transizione ecologica, le tasse e la spesa pubblica, la democrazia e la cittadinanza, l’organizzazione dello stato e i servizi pubblici. I cittadini spesso hanno parlato anche d’altro. Degli istituti privati hanno raccolto critiche e suggerimenti dei cittadini, li hanno trascritti. Ma è venuto subito alla luce che tra i gilet gialli e i partecipanti al grande dibattito c’è una forte differenza sociologica.

I GILET, APPARTENENTI in maggioranza alla fascia bassa della classe media, hanno in linea di massima rifiutato di partecipare, mentre la maggior parte di coloro che si sono recati alle riunioni appartengono alla fascia più politicizzata, più colta, in sostanza era sovra-rappresentato l’elettorato di Macron, in conformità ai risultati di numerosi studi sulla democrazia partecipativa: i modi innovativi di partecipazione cittadina confermano i gruppi sociali di partecipazione tradizionale. Una settimana fa, nella prima «restituzione» del Grande Dibattito, il primo ministro, che viene dalla destra, aveva letto pro domo sua i risultati, vedendovi una domanda di meno tasse (e di taglio alla spesa pubblica, per non contraddire gli impegni di rientro del debito).