Non è stato ancora reso noto ma già genera reazioni contrarie il piano Trump, noto come “Accordo del secolo”, che esclude lo Stato di Palestina, prepara il terreno all’annessione a Israele della Cisgiordania promessa in campagna elettorale da Benyamin Netanyahu e offre ai palestinesi solo un po’ di finanziamenti e una blanda autonomia su qualche fazzoletto di terra. Poche ore dopo l’articolo con cui due giorni fa il Washington Post ha rivelato questi punti del piano Usa – che sarà annunciato tra la fine della primavera e l’inizio dell’estate – 25 personalità europee, tra cui ex ministri degli esteri, ex primi ministri e due ex segretari generali della Nato, hanno scritto una lettera aperta all’Unione europea – pubblicata dal britannico Guardian – in cui chiedono di respingere il progetto di Trump e di sostenere la creazione di uno Stato palestinese. Tra i firmatari ci sono anche Massimo D’Alema e Franco Frattini.

La soluzione dei Due Stati alla quale si appellano le 25 personalità è morta da tempo ed è sepolta sotto la colata di cemento che ha dato vita in Cisgiordania a decine di migliaia di case, strade e infrastrutture per i coloni israeliani. Tuttavia la lettera è una piccola scossa all’Europa che dosa sempre con grande cautela le rare critiche che rivolge alle politiche israeliane volte a normalizzare l’occupazione dei territori palestinesi.

Stando alle rivelazioni del Washington Post, Jared Kushner, genero di Trump e teorico del piano Usa, ai palestinesi offrirà solo un pacchetto di investimenti e l’autonomia nelle città e nelle piccole aree della Cisgiordania già ora sotto la gestione dell’Autorità nazionale palestinese. Gaza resterà isolata ma, se Hamas se ne starà buono, convinto dalle pressioni dei suoi sponsor (Qatar e Turchia), riceverà anch’essa finanziamenti. Tutto è ancora molto vago. L’unica certezza è che i palestinesi non avranno mai la sovranità e che Israele controllerà tutto il territorio.

A conti fatti l’“Accordo del secolo” è una edizione aggiornata degli accordi siglati circa 40 anni fa da Egitto e Israele a Camp David. Il premier israeliano Menachem Begin al tavolo delle trattative non andò oltre una limitata autonomia amministrativa per i palestinesi. «Crediamo di avere un piano equo, realistico e attuabile che consentirà alle persone di vivere una vita migliore – ha detto un funzionario della Casa Bianca al Washington Post -abbiamo avuto un approccio non convenzionale, basato sul fatto di non nascondersi dalla realtà e di dire la verità». Il nuovo «approccio» è solo l’applicazione di un antico teorema della destra israeliana (e non solo) secondo il quale i palestinesi sono interessati non alla libertà e alla sovranità ma sono pronti a svendere le loro rivendicazioni per un po’ di dollari e per qualche migliaia di posti di lavoro in più. Questa soluzione non sarà mai accettata dai palestinesi e neppure dai leader arabi più accomodanti. Ne sono consapevoli tutti tranne Trump, Kushner, Netanyahu e una buona parte delle forze politiche israeliane al potere.

Il piano Usa indirettamente appoggia il perpetuarsi del sistema di doppia giustizia che vige nella Cisgiordania occupata: una per i coloni israeliani e una per i palestinesi. Il centro per i diritti umani B’Tselem due giorni fa ha diffuso i risultati della sua inchiesta sull’uccisione, il 3 aprile, nei pressi di Hawara (Nablus) di Mohammad Abdel Fattah, un palestinese di 23 anni che aveva lanciato pietre contro l’auto guidata da un colono israeliano Yehoshua Sherman. Quest’ultimo, denuncia B’Tselem, ha sparato un colpo ferendo Abdel Fattah, poi si è avvicinato al palestinese che era a terra ferito e gli ha sparato ancora una volta. Un altro colono, un camionista, ha raggiunto Sherman ed ha esploso anche lui colpi contro Abdel Fattah. Secondo il centro per i diritti umani i soldati hanno disperso i passanti palestinesi, non hanno arrestato i coloni e hanno cancellato le registrazioni delle telecamere di sorveglianza. L’Esercito nega e sostiene che il palestinese avrebbe anche tentato un attacco con un coltello.