Il rapporto Svimez 2015 sull’economia del Mezzogiorno, anticipato questa estate da una serie di dati che hanno scatenato polemiche, mostra la contraddizione di un’economia alle prese con la «stagnazione secolare». Da un lato, c’è una crescita debole; dall’altro lato, si moltiplicano le diseguaglianze. Il Prodotto Interno Lordo (Pil) aumenta dopo sette anni di un risicato +0,1% (0,7% nel 2016, 1,3% a livello nazionale), ma il reddito sprofonda: il 62% della popolazione attiva guadagna al massimo il 40% del reddito medio, una persona su 3 è a rischio di povertà (al centro-Nord è 1 su 10). Il dramma è in Sicilia dove quattro persone su 10 vivono sul baratro della povertà assoluta. Solo nel 2014 la povertà assoluta ha smesso di crescere nel Centro-Nord ed è leggermente diminuita nel Mezzogiorno, sostiene lo Svimez, «verosimilmente per l’erogazione del bonus di 80 euro mensili» sostiene lo Svimez.

Nel secondo trimestre 2015 c’è stato un aumento degli occupati meridionali di 120 mila unità (+2,1%) contro i 60 mila nel Centro-Nord. Questo aumento è dovuto al lavoro povero, precario, intermittente. La crescita c’è e riproduce la povertà tra chi lavora. «Non basta avere un lavoro per uscire dal rischio povertà» si legge nel rapporto Svimez. Questa frase è esemplare e il suo senso vale per quello che stiamo vivendo in tutto il paese, grazie alla crescita occupazionale drogata dagli incentivi alle imprese nel Jobs Act e dal boom dei voucher – i «lavoratori a scontrini». Le diseguaglianze di reddito prodotte nella società del lavoro povero amplificano lo storico divario tra Nord e Sud: se al Centro-Nord oltre il 50% delle persone guadagna dall’’80% al 100% del reddito medio regionale, al Sud questa proporzione riguarda solo una persona su cinque. Di tutto questo il premier Renzi, ieri in Colombia, ha colto solo l’effetto di superfice: il segno «più», un apostrofo rosa a corredo delle sue slide. “E’ tornato il segno più anche al Sud, seppur ancora con qualche problema» ha detto.

*** Materiali: Rapporto Svimez 2015

Il Sud, la nostra Grecia (Anticipazione del rapporto Svimez)

Intervista a Gianola (Svimez): Il sud ridotto a Land tedesco, Renzi non ha una visione

Intervista a Gianfranco Viesti: “Renzi ha tagliato i fondi per il Sud per finanziare il Jobs Act”

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Quest’ultima espressione (“qualche problema”) in realtà nasconde la realtà materiale delle famiglie con minori o dei giovani con e senza figli, i soggetti più vulnerabili. Nel baratro ci sono anche i giovani, vittime di uno speciale record negativo. Secondo il rapporto annuale della fondazione Bertelsmann, reso noto ieri, l’Italia è al 25esimo posto sui 28 paesi europei per «giustizia sociale». Una valutazione fatta in base al boom della disoccupazione giovanile che è più che raddoppiata dall’inizio della crisi nel 2008, passando dal 21,2% al 42,7%. Questa situazione viene analizzata dallo Svimez a partire dai giovani meridionali. I tassi di disoccupazione degli under 34 sono raddoppiati: tra il 2008 e il 2014 hanno perso il lavoro oltre 1 milione 900 mila persone, di questi il 31,9% sono del sud.

Il tasso di disoccupazione è arrivato al 43% a livello nazionale e al 56% nel Mezzogiorno. I diplomati che lavorano sono solo il 24,7%, i laureati sono il 31,9%. «Cifre che non hanno paragoni in Europa», commenta lo Svimez che mostra quanto il Belpaese abbia fatto peggio addirittura della Grecia, fatte le dovute proporzioni. La crisi del 2008 «lascia in eredità al Sud un vero e proprio tracollo occupazionale» con 576 mila posti persi. In tutto il paese, negli ultimi sette anni, ne sono spariti 811 mila. Se poi consideriamo i «Neet», le persone che non studiano né lavorano sono aumentati dal 2008 di circa 712 mila unità, per un totale di quasi 3 milioni 512 mila. Di questi sembra che quasi 2 milioni siano donne (55,6%) e quasi 2 vivano al Sud.

L’occupazione femminile è crollata di 71 mila unità in maniera «eccezionale» commenta lo Svimez sulla base dei dati Istat. A Nord si registra, invece, un aumento di questa occupazione, dovuto solo alle cittadine straniere (+358 mila). Lo Svimez sollecita il governo Renzi, che aveva promesso un «master plan» per il Sud di cui ci sono poche tracce nella legge di stabilità, a prorogare per il 2016 l’esonero dal pagamento dei contributi Inps a carico del datore di lavoro previsto dal Jobs Act.

Si è consolidata una sensazione generale: il governo si è completamente dimenticato del sud nella legge di stabilità. Lo sostiene Alessandro Laterza, vicepresidente di Confindustria: «Mi auguro che negli sviluppi della legge di stabilità ci sia qualcosa che ci sia qualcosa di vero oltre alle dichiarazioni di agosto». Per Susanna Camusso, segretaria generale Cgil: «Il governo non sta facendo nulla per il Sud. Nella legge di stabilità non ci sono idee né costruzione di fiscalità di vantaggio, né investimenti, o la capacità di rifinanziare significativamente i fondi Coesione». Il Movimento 5 Stelle ripropone la proposta di legge sul «reddito di cittadinanza», che in realtà è un «reddito minimo» considerato una leva economica e civile per contrastare la povertà diffusa.

Alla base di queste considerazione c’è l’obiezione di fondo alla politica renziana e l’ha espressa ieri Massimo D’Alema in un’intervista al Mattino: «Non si comprende la priorità del taglio sulle tasse alla prima casa, abolire l’Imu non avrà effetti sui consumi, mentre i tagli alla spesa si concentrano sugli investimenti pubblici e la sanità». Il «master plan» per il Sud. Questo fantasma.