Editoriale

A che serve l’Alleanza atlantica

A che serve  l’Alleanza atlanticaBarack Obama – Reuters

Italia/Ue Strumento imperialistico o «umanitario»? Il no di Calamandrei e lo stato dell'arte alla luce della vicenda ucraina

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 25 aprile 2014

A che serve oggi l’Alleanza atlantica (Nato), nata nel 1949 – mentre il Patto di Varsavia nascerà nel 1955, solo sei anni dopo? È strumento imperialistico o «umanitario», e di pace? Nella seduta della Camera dei deputati del 18 marzo 1949, parlando a nome dei socialisti indipendenti, Piero Calamandrei dice «no» alla Nato: perché costringe l’Italia «a una scelta» fra Usa e Urss, ed espone al maggior rischio l’Italia, che non ha alcuna ragione a contrapporsi all’Unione sovietica, e alla quale la libertà è venuta non solo dalla lotta eroica della Gran Bretagna contro il nazismo e dall’intervento in guerra degli Stati Uniti, ma anche dall’Unione sovietica, dall’«eroico popolo russo», che «seppe compiere il miracolo di Stalingrado». Calamandrei ha motivato il suo «no», testualmente, su tre ordini di motivi.

Primo: un patto militare, anche se difensivo (…) trasforma gli Stati europei in satelliti di uno dei blocchi che si fronteggiano, e dà al suolo europeo la funzione di un trinceramento di prima linea di eserciti che stanno in riserva al di là dell’Atlantico. (… Allontana la nascita dell’auspicata) Federazione occidentale europea (…)indipendente (…) non alleata nè ostile, ma mediatrice tra i due blocchi opposti (…) capace di conciliare in una sua sintesi di democrazia socialista due esigenze (…) ugualmente preziose e irrinunciabili, quella della libertà democratica e parlamentare, e quella della giustizia sociale.

Secondo: sotto l’aspetto della politica interna, i socialisti federalisti temevano che l’adesione dell’Italia al Patto atlantico fosse di ostacolo alla «pacificazione interna». In Italia vi erano democristiani, ma anche socialisti e comunisti. L’adesione avrebbe reso più aspra la lotta interna fra i partiti e favorito la trasformazione autoritaria dello Stato; inoltre, avrebbe ritardato l’applicazione della Costituzione da poco entrata in vigore. Testuale: auguriamoci che mentre la Costituzione repubblicana attende ancora il suo compimento, la firma di questo Patto atlantico non sia il primo colpo di piccone dato per smantellarla.

Terzo: se per tutti gli altri Stati europei la firma del Patto è accompagnata da rischi e vantaggi, c’è da temere che solo per l’Italia essa possa significare pericoli senza corrispettivo. Infatti, diventare alleato militare di uno dei due blocchi in conflitto significa assumere la posizione di nemico potenziale dell’altro blocco.

Firmando il Patto atlantico gli italiani si sarebbero condannati a non poter essere più amici degli Stati orientali (Cina compresa).

Nel suo intervento Calamandrei finge di credere che il Patto atlantico sia difensivo, ma, ovviamente, ben sapeva che era figlio della «guerra fredda», scatenata da Winston Churchill e da Harry S. Truman nel 1946 a Fulton: ben sapeva che era uno strumento imperialistico dell’Occidente nel mondo. Secondo Calamandrei la Federazione occidentale europea (doveva essere) politicamente e militarmente unita e indipendente, non alleata nè ostile, ma «mediatrice», capace di conciliare «in una sua sintesi» la «democrazia socialista». Democrazia socialista, democrazia e socialismo assieme: non Europa delle élites, delle multinazionali e dei banchieri – quella poi costruita, partendo dal «Piano Schuman».

Nel 1950, Calamandrei intravede lo sviluppo poliziesco-scelbiano dei governi De Gasperi. La Costituzione repubblicana, nata da poco, attendeva «il suo compimento». Calamandrei non poteva prevedere il perdurare della Nato successivo al crollo dell’Unione sovietica – la realtà spesso sorprende.

A questo punto ripropongo la domanda iniziale: a che serve oggi la Nato? A contenere l’aggressività della Russia, come afferma l’Economist? La Russia è aggressiva? E fino a che punto lo è? La vicenda dell’Ucraina ci dice che aggressivo è l’Occidente o che aggressiva è la Russia? Come molti altri, anch’io non credo che la Russia sia aggressiva. Penso voglia convivere pacificamente con gli Stati Uniti e con l’Unione europea. Ha scritto Diana Johnstone: «A partire dal crollo dell’Unione Sovietica, la Russia ha il più grande arsenale militare dopo gli Stati Uniti e la Cina è in grande crescita economica, ma né l’una né l’altra minacciano gli Stati Uniti o gli Stati europei. Al contrario, entrambe desiderano ardentemente competere con gli Stati occidentali pacificamente». La Nato è «impegnata a «circondare la Russia», a incoraggiarla a diventare una potenza regionale subalterna agli Stati Uniti. Gli Usa vogliono essere ancora e sempre on top of everything, e cercano di contrapporre l’India alla Cina, per contrastare il Brics. La domanda di fondo: in Western democracy – e nell’Unione europea in particolare – c’è la forza di smantellare la macchina da guerra costruita da Churchill e Truman nel 1949, dopo aver costruito la «Guerra fredda»? Si tratta di due costruzioni congiunte. Fino a quando?

* Il saggio, corredato da una lunga nota storica e da riferimenti tematici e giornalistici, uscirà sul prossimo numero di maggio della rivista «Il Ponte»

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