Cultura

Alice Ceresa, nella sovversione di uno sperpero

Alice Ceresa, nella sovversione di uno sperperoUn ritratto di Alice Ceresa / foto di Barbara Fittipaldi

ITINERARI CRITICI «La figlia prodiga», il capolavoro della scrittrice di origini svizzere. Edito per la prima volta nel 1967, torna in libreria per La Tartaruga con la prefazione di Laura Fortini. In poco più di duecento pagine, costellate da spazi bianchi, il romanzo declina su «un femminile incognito» la celebre parabola biblica del figlio scialacquatore. Non c’è reintegrazione per chi abbia l’improvvida idea di voltare le spalle alla casa del padre, mettendosi a dilapidare il suo patrimonio fatto di codici, norme, tradizioni

Pubblicato più di un anno faEdizione del 15 luglio 2023
«Che cosa può sperperare una figlia? Ha un solo patrimonio: il suo dover essere. Brava, buona, gentile, ubbidiente, vergine eccetera. Questo è il patrimonio di famiglia» – così affermava Alice Ceresa, in una conversazione con Maria Rosa Cutrufelli, pubblicata nel 1991 sulla rivista Tuttestorie. E fu proprio intorno alla prodigalità di una figlia, al suo sperpero volontario dell’eredità paterna e patriarcale, che Alice Ceresa diede vita a una delle più grandi invenzioni del Novecento italiano: La figlia prodiga, romanzo del 1967, premio Viareggio Opera Prima, che con la sua tutt’altro che innocua copertina rosso magenta inaugurava la collana «La ricerca...

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