Tutto molto giusto, molto anticiclico, molto keynesiano, molto progressista, teoricamente e astrattamente condivisibile, quasi un controcanto all’attuale governatore della banca d’Italia Fabio Panetta, quel che scrive Laura Pennacchi, economista ed esponente del PD nonché docente alla Sapienza.
Ma sembra riferirsi ad un mondo che non c’è, purtroppo.
Se guardiamo la realtà, economica e politica, internazionale vediamo che spazio per impostare una una nuova fase d’investimenti pubblici nei settori strategici dello sviluppo e un incremento della capacità di acquisto di stipendi, salari e pensioni, non ce n’è.
Prevale ovunque il dogma liberista del più mercato e meno stato, delle privatizzazioni e dei risparmi sulla spesa pubblica e per i servizi pubblici.
L’unico settore dell’economia dove non solo non si tagliano i finanziamenti, ma si è disposti ad investire risorse pubbliche nazionali e sovranazionali (Pnrr, Nato) è quello militare, per procedere rapidamente sulla strada di un riarmo generalizzato doppiamente suicida, sul piano umano e ambientale.
Se stringiamo l’obbiettivo sul nostro paese, appesantito com’è da un enorme debito pubblico e da un governo di destra-centro che per sua natura mai userà lo strumento della fiscalità generale, l’unico in grado di raccogliere un gruzzolo di miliardi sufficiente ad impostare massicci investimenti pubblici e un adeguamento delle retribuzioni del lavoro dipendente, possiamo ben immaginare come le indicazioni di politiche macroeconomiche progressiste dell’articolo siano quanto di più lontano dalla realtà.
In questa fase siamo di fronte ad un quadro in cui soltanto una modifica dei rapporti di forza in favore della forza lavoro e a scapito dei detentori del capitale e dei loro rappresentanti politici al potere, potrà porre le basi per iniziare la conversione dell’economia in senso sociale, ecologico e pacifico.
Si tratta di un compito di natura essenzialmente politica e spetterebbe ovviamente ai partiti e ai sindacati che rivendicano la rappresentanza e difendono gli interessi della classe lavoratrice.