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Aresta, dal Sessantotto barese al Pci e al Manifesto

Ciao Giancarlo Non si può non ricordare la sua scelta, che apparve sorprendente, ma fu rigorosissima, di dimettersi dal suo ruolo di assistente universitario. Quando avvenne la cosiddetta svolta della Bolognina, egli si oppose allo scioglimento del Partito comunista italiano e in seguito non volle aderire a nessuna formazione politica

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 10 marzo 2020
La scomparsa di Giancarlo Aresta è un lutto assai doloroso per tutta la sinistra comunista. Penso in primo luogo alla sua presenza fervidamente rigorosa e incisiva nel Sessantotto barese: una presenza capace di contribuire a intrecciarne originalmente i due aspetti fondamentali, cioè la critica radicale, inaudita, degli assi culturali-formativi, dei nessi tra «scienza e capitale» da un lato e la irruzione della lotta politica nella vita quotidiana dall’altro. Erano come due stimmate (proprie anche di molti e molte di noi) che egli si portava addosso con una fermezza pensosa che appariva stranamente dolce. Negli anni del cosiddetto «secondo biennio rosso»...

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