Alias Domenica
Ballen, il perturbante che transita in casa
A Milano, Fondazione Sozzani, "Roger Ballen, The Body, The Mind, The Space" Pose disturbate, inquietanti still-life... L’artista-fotografo newyorkese ci indica nella sua ricerca (che va letta per strati emozionali) due stadi della percezione: reale e psichica
Roger Ballen, "Prowling", 2001 © Roger Ballen
A Milano, Fondazione Sozzani, "Roger Ballen, The Body, The Mind, The Space" Pose disturbate, inquietanti still-life... L’artista-fotografo newyorkese ci indica nella sua ricerca (che va letta per strati emozionali) due stadi della percezione: reale e psichica
Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 23 giugno 2019
Maurizio GiufrèMILANO
Fin dai suoi esordi di fotografo Roger Ballen (New York, 1950) non ha voluto essere un documentarista, d’altronde ha dichiarato che per lui «‘Realtà’ è una parola che non ha alcun significato». Arrivato agli inizi degli anni ottanta a Johannesburg come consulente minerario, già nei suoi primi racconti fotografici era chiaro che ricercasse altro, come in Drops (1986), il racconto per frammenti dalle piccole città rurali sudafricane, e prima, Boyhood (1979), esercizio quadriennale intorno al soggetto dell’adolescenza indagato nei suoi viaggi intorno al mondo per affermare le affinità dell’età e non le sue differenze. È in direzione, quindi, dell’esteticamente significante...