Alias Domenica
Banti, una vocazione di scrittrice e il sacrificio delle donne
Narrativa italiana del Novecento Fausta Garavini ha raccolto (La nave di Teseo) 47 testi dispersi di Anna Banti, dall’esordio assoluto, nel 1930, sino alla morte. Possiamo rileggerli come una ininterrotta riflessione «sulla pietra d’inciampo d’essere nata donna»
Antonio Donghi, Le villeggianti, 1934, Venezia, Ca' Pesaro, Collezione Carraro
Narrativa italiana del Novecento Fausta Garavini ha raccolto (La nave di Teseo) 47 testi dispersi di Anna Banti, dall’esordio assoluto, nel 1930, sino alla morte. Possiamo rileggerli come una ininterrotta riflessione «sulla pietra d’inciampo d’essere nata donna»
Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 4 marzo 2018
Non sono molte le interviste rilasciate da Anna Banti, poche le occasioni in cui la narratrice si è abbandonata al ritmo feriale della chiacchiera, al gusto di uno scambio confidente e disinvolto. Nelle risposte è controllata, spesso ritrosa, quasi brusca. Si direbbe che i suoi interlocutori facciano fatica per convincerla a parlare. L’unico argomento su cui dà l’impressione di soffermarsi volentieri, soprattutto dopo la morte del marito, è la leggenda un po’ teatrale, se vogliamo anche romantica della sua doppia vocazione. Ogni volta la ripropone ritoccandola, con regale noncuranza aggiunge o tralascia piccoli dettagli. L’infanzia solitaria di bambina timida e...