Alias Domenica
Beckett inerte e forsennato
Carteggi Tra i «rantoli» del discorso epistolare, si profila l’immagine di un letterato che ha superato la sua antica aspirazione a essere un «cerchio perfetto»: «Lettere 1941-1956», Adelphi
Bram van Velde "Composizione", 1963-64
Carteggi Tra i «rantoli» del discorso epistolare, si profila l’immagine di un letterato che ha superato la sua antica aspirazione a essere un «cerchio perfetto»: «Lettere 1941-1956», Adelphi
Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 27 giugno 2021
«Non faccio niente. Ogni tanto provo a cominciare, ma non approdo a nulla». Su queste parole avevamo lasciato Samuel Beckett, al termine del primo volume delle sue Lettere: 1929-1940 (Adelphi, 2017), fra attacchi di panico, crisi di impotenza ed esacerbate rivendicazioni di accidia. Lo ritroviamo in preda alle stesse insofferenze qualche anno dopo, mentre consuma una tranquilla e misera «similvita» ai «margini», all’inizio del secondo tomo delle Lettere 1941-1956 che esce in questi giorni presso Adelphi (traduzione di Leonardo Marcello Pignataro, a cura di Franca Cavagnoli, pp. CIV-517, € 55,00). Fin dai primi messaggi Beckett torna a ribadire all’amico MacGreevy...