Italia
Bologna che ha perso la memoria
Fino all’inizio della seconda metà degli Settanta, urbs e civitas erano tenute insieme. Ma il silenzio istituzionale sui fatti del ’77 e la tempestiva riconversione privatistica della gestione pubblica hanno portato alla crisi della coincidenza tra pratica politica e sentimento civico
Il progetto vincitore per la Stazione di Bologna firmato da Arata Isozaki, in basso soccorsi dopo la strage del 2 agosto 1980
Fino all’inizio della seconda metà degli Settanta, urbs e civitas erano tenute insieme. Ma il silenzio istituzionale sui fatti del ’77 e la tempestiva riconversione privatistica della gestione pubblica hanno portato alla crisi della coincidenza tra pratica politica e sentimento civico
Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 13 marzo 2014
«A che punto è la città?/La città in un angolo singhiozza./Improvvisamente da via Saragozza/le autoblindo entrano a Bologna./C’è un ragazzo sul marmo, giustiziato». Così Roberto Roversi ne Il Libro Paradiso. L’anno era il 1977, il giorno era l’11 marzo, il corpo quello di uno studente, Francesco Lo Russo, ucciso dalle forze dell’ordine nel corso di una manifestazione. E il senso dell’evento (a una lettura immediata come quella di Federico Stame) venne individuato nel tentativo di ricomprensione da parte dello stato dell’intera società civile bolognese all’interno del sistema politico-istituzionale nazionale, secondo la logica di una tensione tra governo urbano comunista e...