Editoriale

Cara Rossana*

Cara Rossana*La prima uscita pubblica del gruppo-rivista il manifesto. Roma, Teatro Eliseo, 15 febbraio 1970. Foto di Fausto Giaccone

Ti scrivo Pubblichiamo ancora delle lettere che ci sono arrivate in questi giorni. In fondo alla pagina il link per leggere le decine di messaggi che abbiamo ricevuto.

Pubblicato circa 4 anni faEdizione del 24 settembre 2020

Quando verrà un tempo più equo.
Quando verrà un tempo più equo per il comunismo italiano, troveranno più spazio la tua intelligente passione, l’inquieta fedeltà, la tua grazia. E con te il nostro scampo all’irrilevanza. Grazie Rossana.
Mario Santostasi

Una instancabile volontà di comprendere
Le compagne e i compagni della Federazione Lavoratori della Conoscenza Cgil di Vercelli e della Valsesia esprimono tutto il dolore e il cordoglio per la perdita della compagna Rossana Rossanda. La sua instancabile volontà di comprendere è stata per molti di noi un punto di riferimento Il direttivo, l’assemblea generale, la segreteria Flc Cgil Vercelli e Valsesia
Claudio Canato, Segretario Generale FLC Cgil Vercelli Valsesia

Il tuo articolo:
«Non sventola più lì…»
Da quando uscì il 27 dicembre 1991, conservo con cura il numero del vostro quotidiano, allora ancora in formato stragrande, aperto dall’editoriale ‘Non sventola più lì ‘, firmato da Rossana Rossanda due giorni dopo le dimissioni di Michail Gorbaciov, primo e ultimo presidente costituzionale dell’ Unione sovietica. Si tratta di un editoriale che anche altri lettori del ‘Manifesto’ ricorderanno: sia per il suo forte impatto emotivo, sia come testimonianza autobiofìografica d’una fede politica più temprata dalle sconfitte che dalle vittorie. Vorrei tuttavia citarne, a beneficio di quanti non l’abbiano presente, due passi che continuano a commuovermi oggi come la prima volta che li lessi.
Uno è l’indimenticabile ‘attacco’: «Era gonfia di vento sul cielo umido e scuro di novembre la prima volta che l’ho vista, la bandiera rossa sul Cremlino, come ieri l’altro, prima di essere ammainata. Era il novembre del 1949 e quel tempestoso drappo rosso, incrociato dai riflettori, pareva sospeso sopra la città, come le stelle di granata sulle cinque torri, che si dice non fossero state spente neanche con i tedeschi alle porte di Mosca…».
L’altro è il penultimo capoverso, specchio di un atteggiamento deluso e indomito al tempo stesso: «Perché ci ha impietrito vederlo ricadere su se stesso e sparire? Perché così insignificante è apparso il tricolore russo, per ora non adorno del suo stupido pollastro a due teste, l’aquila imperiale? Perché questo che sventola ora non è che il simbolo di uno Stato, quella lo era di una idea del mondo, delle generazioni che hanno creduto e voluto una rivoluzione che ha diviso il secolo, delle sue folgoranti libertà e dei suoi abissali errori… Nel 1917 come nel 1945 a Berlino essa è parsa vincere: non era vero. Quando lo sarà, accadrà in altri modi».
Claudio Annibaldi, Roma

Militante rivoluzionaria,
maestra ma non solo
Rossana Rossanda era ed è rimasta fino all’ultimo giorno della sua vita una militante rivoluzionaria. Sui giornali si leggeranno molte cose belle e giuste su di lei ma temo che questo particolare verrà omesso. A lei farebbe piacere che venisse invece ricordato.
Rossana si definiva una marxista e lo era: una delle più lucide intellettuali marxiste non solo in Italia. Ma era anche consapevole di non dover rinnegare il meglio dell’eredità liberale e democratica. Era libertaria e garantista, difendeva sul serio e non solo a seconda delle convenienze la centralità del Parlamento e il bilanciamento dei poteri, sapeva essere di parte e mai faziosa. Rossana era una maestra che sapeva anche ascoltare.
Le discussioni sul ’77, dieci anni più tardi, sono state acerrime ma alla fine, quando quelle discussioni diventarono pezzi scritti e firmati, dimostrò di avere capito a fondo quell’esperienza così lontana dalla sua biografia. Poteva essere una grande giornalista Rossana. Non sempre e non in tutti i pezzi ma quando si sentiva in vena era strepitosa. I suoi pezzi sulla prima guerra del Golfo sono un capolavoro anche di scrittura comica. Però non si vuole bene alle persone perché sono grandi intellettuali o maestre.
Per quello le si può stimare ma nulla di più. A Rossana volevo bene per la sua civetteria, per l’inveterata pur se mai maliziosa bugiarderia, come quando fece aspettare il segretario della svolta Occhetto per due ore di fronte alla sua porta senza riceverlo e poi spiegò “Ma perché avrei dovuto vederlo? Non lo conosco!”, o perché vedendo al cinema “Thelma e Louise” poco ci mancava che si alzasse e si mettesse a sparare in sala per l’entusiasmo. Le volevo proprio molto bene.
Andrea Colombo

Quell’asterisco sbagliato
Andrea, c’è da impaginare l’articolo di Rossanda! Le voci si abbassano, un lieve gelo entra nella stanza. Sono grafico al manifesto da poco: ogni redazione ha i suoi miti, i suoi timori. Rossana è mito e timore assieme, l’apoteosi. Cerchiamo l’immagine da accompagnare al pezzo.
Quante righe ha detto? Cento righe, ok, cento righe. Disegno la pagina, cento righe precise e una bella illustrazione trovata da Nora. L’articolo arriva, è corto, di poco ma è corto, non chiude. Mettiamo degli asterischi tra un a capo e l’altro! Gli altri grafici mi guardano ma evitano il mio sguardo, glissano. Io metto gli asterischi, sono belli e il pezzo chiude preciso.
Mando in stampa per la redazione.
Passano pochi minuti: Rossana ti vuole vedere! Impaurito mi dirigo verso la sua stanza, busso, entro. Mi dice: «hai messo un vezzo nel mio articolo, lo hai decorato». Sì, rispondo, hai ragione, l’articolo era corto, ho pensato di ovviare mettendo degli asterischi, credevo di fare una cosa sobria ma funzionale…Lèvali, io gli asterischi non li ho scritti!
Andrea Mattone

Con lei dalla parte del torto
Senza Rossana Rossanda ci sentiamo oggi più soli. È stata un punto di riferimento imprescindibile. La perdita della compagna Rossana Rossanda priva l’intero paese di una delle più grandi militanti e intellettuali della sinistra e quindi della democrazia. Per chi non rinuncia a dirsi comunista lascia una eredità preziosa di pensiero critico, complesso, appassionato, libero indispensabile per affrontare questi tempi di sconfitta e fuga nelle semplificazioni e nelle abiure. La sua lunga storia di “comunista ortodossa” come ultimamente ha preferito definirsi pur avendo, prima di molti altri e in maniera eretica, compreso la crisi del socialismo reale e la necessità di leggere la realtà, le trasformazioni del capitalismo e la stessa classe senza partire da dogmi predefiniti.
Ci mancherà la sua lucidità puntuale, spesso scomoda e controcorrente, la mai sopita criticità non solo verso il pensiero dominante ma anche verso gli identitarismi settari. Mentre il grosso della sinistra italiana abbandonava il terreno del socialismo e del comunismo l’eretica Rossanda ne difese la storia e le ragioni di fondo proprio perché la critica mai manichea e la riflessione l’aveva praticata in anticipo.
E così fu anche per i movimenti del lungo sessantotto italiano.
E sulle pagine del Manifesto in maniera mai codina ha saputo interpretare e interloquire con tutti i movimenti sempre col coraggio di andare controcorrente mettendo in guardia dalle mode superficiali. La maniera con cui ha riflettuto sulla storia dei comunisti rappresenta un esempio eccezionale di rigore. Ci mancherà la sua intransigenza intellettuale e morale, la sua combattività inarrestabile, la sua scelta di restare sempre e comunque “dalla parte del torto”. Grazie Rossana per tutto quello che sei stata capace di insegnarci.
Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea
La segreteria nazionale

La «serpe ingraiana»
Avevo 13-14 anni quando ho cominciato a leggere il Manifesto: è l’unica cosa per cui chiedevo i soldi a mio padre. Difficilmente mi perdevo un editoriale della Rossanda, o di Karol o di Pintor o di Magri. Adesso ho 50 anni e probabilmente sono debitrice della mia formazione politica a questa ragazza (e monumento) del secolo scorso. La sua autobiografia da serpe ingraiana (come lei si autodefiniva), spina nel fianco di Togliatti, è un testo fondamentale per la comprensione critica degli eventi del secolo scorso.
Enza Caruso, Università degli Studi di Perugia

Un solido appiglio
Ciao Rossana,nell’arduo incedere sul sentiero della “intollerabilità delle ingiustizie” hai sempre rappresentato e rappresenterai un solido appiglio, orgogliosamente “dalla parte del torto”
Lorenzo Berlendis, Consigliere nazionale Slow Food Italia
«Con Mimma divenni noi»
“Soprattutto eravamo in due dall’altra parte rispetto a quella dei grandi. Nessun piccolo dovrebbe essere privato della sorella o del fratello, relazione incomparabile. Perchè i miei erano i miei, preziosi e amati, ma loro erano loro e io ero io, e con Mimma divenni noi”.
Cara Rossana, sono parole tue e noi ora proviamo. Grazie, ciao.
Francesco C., Bergamo

«Siamo al di sotto del necessario»
Cari, vi mando un ricordo di Rossana Rossanda che conservo con gioia. Le avevo scritto per ringraziarla, non ricordo più per quale suo articolo e per il manifesto in generale. Mi ha risposto, signorilmente: “Purtroppo siamo ben al di sotto di quel che sarebbe necessario. In ogni modo grazie”. La riconoscete, vi riconoscete ? Grazie per quello che continuate a fare, a essere.
Luisella Paiusco

Tutte le lettere arrivate sono raccolte qui 

 

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