Non è che un inizio
Cop21 I cambiamenti climatici aumentano le pressioni ambientali e su risorse come l’acqua, con il rischio di ulteriori conflitti e migrazioni di massa; un modello che progressivamente elimini le fonti fossili ridurrebbe anche i rischi di conflitti per il petrolio
Cop21 I cambiamenti climatici aumentano le pressioni ambientali e su risorse come l’acqua, con il rischio di ulteriori conflitti e migrazioni di massa; un modello che progressivamente elimini le fonti fossili ridurrebbe anche i rischi di conflitti per il petrolio
La ventunesima Conferenza delle Parti sul clima di Parigi – che si apre in un’atmosfera surreale dopo gli attentati terroristici – con ogni probabilità non sarà ancora risolutiva. Gli impegni volontari annunciati, com’è noto, non basterebbero a contenere l’aumento delle temperature globali ben al di sotto dei 2°C – saremmo ancora a meno di metà strada – ma alcuni segnali positivi degli ultimi mesi consentono di nutrire qualche speranza.
Il blocco dell’oleodotto Keystone XL, chiesto da migliaia di cittadini americani e canadesi, è stato bloccato dal Presidente Obama e, anche con questa decisione, lo sviluppo della produzione petrolifera da scisti bituminosi – una delle più inquinanti – è stato notevolmente ridimensionato; il ritiro della Shell dall’Artico e la cancellazione dei permessi da parte americana ha bloccato un ulteriore espansione della produzione petrolifera; i dati relativi al calo dei consumi di carbone in Cina confermano una tendenza forse decisiva date le dimensioni di quel Paese.
I successi della campagna per disinvestire dalle fossili – dal fondo pensioni norvegese alla Chiesa d’Inghliterra – anche se non hanno ancora modificato il mercato, rappresentano una novità di grande rilievo. La posizione di Hillary Clinton a favore di uno scenario al 100% rinnovabile – per quanto si tratti di propaganda elettorale – ha avuto anche il valore di «sdoganare» definitivamente un obiettivo finora posto in questi termini quasi solo dalle associazioni ambientaliste.
Ma non ancora in Italia, per la verità: il governo Renzi continua imperterrito a promuovere le trivelle petrolifere a mare e a bloccare in modo ingiustificabile le rinnovabili, aiutato da un ministro dell’ambiente che propone risibili giustificazioni «etiche» (trivellare nei nostri mari sarebbe più sicuro che altrove) per tutelare interessi di poche aziende a fronte di quantità marginali di petrolio (2 mesi di consumo italiano). E, allo stesso tempo, il governo chiede (giustamente) di fissare l’obiettivo a 1,5°C : sarebbe ora di avere un comportamento minimamente coerente.
Va meglio però a livello industriale: il nuovo piano di Enel – recentemente aggiornato – che vira decisamente verso le rinnovabili, l’efficienza e le smart grids è una novità importante a livello internazionale, data la dimensione dell’azienda.
L’Enciclia Laudato si’ di papa Francesco – assieme alla presa di posizione delle maggiori fedi in tema d cambiamenti climatici – rappresenta una novità importantissima: pone la questione sul piano etico e parla a miliardi di persone. Il messaggio dell’Enciclica è pienamente condiviso da Greenpeace come dalle altre grandi associazioni ambientaliste: i cambiamenti climatici colpiscono con maggiore violenza i poveri, e dunque coloro che hanno meno responsabilità e allo stesso tempo meno risorse per difendersi. Esiste una questione di giustizia climatica e grazie all’Enciclica questo è oggi un punto di ampia condivisione tra credenti e non, tra persone di fedi diverse e deve diventare anche il terreno di un nuovo dialogo tra i popoli per la difesa del pianeta come casa comune.
Dunque la CoP21 arriva in un contesto mai così favorevole sul piano dei contenuti. Ed è stata drammaticamente preceduta dai fatti del 13 novembre che, in modo tragico, sottolineano anche il legame che c’è tra questione climatica ed energetica e la promozione della pace. Da un lato, infatti, i cambiamenti climatici aumentano le pressioni ambientali e su risorse come l’acqua, con il rischio di ulteriori conflitti e migrazioni di massa per ragioni climatiche; dall’altra un modello che progressivamente elimini le fonti fossili, ridurrebbe anche i rischi di conflitti gravi come quelli per il petrolio.
Possiamo dire che la CoP 21 sarà stata un successo se: 1. Manderà un segnale chiaro che l’era delle fossili volge alla sua fine; 2. Implicherà azioni nazionali per il clima serie e coerenti; 3. promuoverà la solidarietà internazionale e i fondi necessari ai paesi poveri per adattarsi e sviluppare le alternative. Per vedere se questo si realizzerà bisognerà aspettare ben dopo la Cop21. Che sarà stata, se va bene, solo l’inizio: la battaglia continua anche dopo.
* direttore Greenpeace Italia
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