Editoriale

C’è un’America che non vuole più il «far west»

C’è un’America che non vuole più il «far west»Obama e il vicepresidente Obama annunciano le misure che limitano il commercio delle armi – Reuters

Stati uniti Nel paese 310 milioni di fucili e pistole, 128 morti nei primi 5 giorni dell’anno. Il leader democratico mette tutto il peso politico che gli resta per cambiare le cose a partire dalla società

Pubblicato quasi 9 anni faEdizione del 6 gennaio 2016

Poche volte ci sono tante notizie in una notizia. Come ieri, quando, nella East Room della Casa Bianca, un Barack Obama visibilmente emozionato, ha annunciato il piano per una stretta nel controllo delle armi da fuoco negli Stati Uniti.

Lo farà con il ricorso a ordini esecutivi, cioè scavalcando il Congresso, a maggioranza repubblicana, un potere legislativo «ostaggio della lobby delle armi», e avvalendosi dei poteri presidenziali.

La seconda notizia è che il presidente democratico è intenzionato a governare nell’anno che gli resta usando pienamente le leve a sua disposizione, in sfida aperta all’opposizione repubblicana, e dettando l’agenda ai democratici. Non si acconcerà, insomma, al ruolo di «anatra zoppa».

Terza notizia: l’iniziativa presidenziale diventa prepotentemente un tema centrale nella campagna presidenziale in corso.

Hillary Clinton non può sottrarsi al compito di portare avanti la battaglia obamiana, e infatti ha già detto che la condivide. Donald Trump ha anticipato tutti i suoi rivali repubblicani facendo sapere – prima ancora che il presidente parlasse dalla East Room – che, se sarà lui il suo successore, «de-firmerà» le misure di Obama. E ha sfidato Hillary Clinton a disarmare le sue guardie del corpo.

Misure di common sense, le definisce il presidente statunitense. Ma il comune buon senso è rivoluzionario nella nazione che si vanta di avere la leadership morale nel mondo e dove girano qualcosa come tra i 270 e 310 milioni di armi da fuoco, cioè una media di una per ogni americano, neonati compresi, e per armi da fuoco s’intendono anche oltre cento milioni di fucili e di mitra.

Una nazione dove proprio ieri una bimba di due anni è stata uccisa da un altro bambino con una pistola lasciata incustodita in casa. È la 128ma vittima dei primi cinque giorni di quest’anno, l’ottavo bambino.

Una nazione dove, al solo annuncio delle misure che sarebbero state prese da Obama, ha visto un’impennata nelle vendite di pistole e fucili, e in sintonia, un balzo dei titoli azionari dell’industria della morte: Smith & Wesson sale del 12% e Sturm Ruger avanza del 7,5%.

Il centro delle misure annunciate riguarda i rivenditori di armi da fuoco, che saranno obbligati a detenere un’apposita licenza per la vendita e a condurre accurati controlli sugli acquirenti (background check). Sarà aumentato inoltre del 50% il personale Fbi dedicato a condurre tali verifiche, con l’assunzione di oltre 230 nuovi esaminatori.  Obama chiede al Congresso di disporre un finanziamento pari a cinquecento milioni di dollari per affrontare il problema anche sul piano della salute mentale.

Le conseguenze pratiche dell’iniziativa presidenziale porranno almeno fine alla catena di omicidi di massa? L’ultimo è a Houston, quattro morti.

«Siamo qui oggi, ha detto Obama, non per commentare l’ultimo mass shooting ma per cercare di fare qualcosa per prevenirlo». Il presidente però è il primo a sapere che in politica contano i rapporti di forza.

Sul tavolo ha messo tutto il peso del suo potere presidenziale ma non basterà per scongiurare altre Newton, altri massacri, se non ci sarà una spinta politica nel Congresso e negli stati progressisti che imponga un reale ridimensionamento della lobby delle armi.

Uscendo lui di scena, difficile davvero immaginare un miglioramento dei rapporti di forza a favore di quell’America che non vuol più vivere nel «far west».

 

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