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Charchoune, il sole russo a Parigi

Charchoune, il sole russo a ParigiSerge Charchoune, "Nature morte à la figue", 1926, coll. priv.

Riscoperte nell'arte: Serge Charchoune L’ancestralità «ornamentale» dei suoi natali russi trovò nella disciplina cubista, e poi purista (Ozenfant), il luogo agognato. Spirituale l’adesione a Dada. Votato all’acqua, alla musica, a una nobile povertà, fu adorato da De Staël. Mirabile il «catalogo ragionato» di P. & M. Guénégan. Di scena in questi giorni a New York, galleria Rosenberg & Co

Pubblicato più di un anno faEdizione del 21 maggio 2023
Serge Charchoune, ritratto fotografico (part.) di Man Ray, 1922-’25, Parigi, Centre Pompidou Serge Charchoune, “La mer éternelle”, 1949, coll. priv. «Uno dei grandi pittori della nazione russa avrà il mio stesso nome»: ma, appartenente alla nobile schiatta degli émigrés russi a Parigi, Serge Charchoune resta fra essi il meno conosciuto, pur presente, a partire dal 1912, quando giunge nella città, in tutte le situazioni maggiori della storia delle avanguardie: cubismo, Dada, purismo. Nicolas de Staël, selettivo fino alla pazzia, feroce con i colleghi, nutriva un’ammirazione grande per Charchoune, che poteva essergli padre: «Egli ha inventato tutto… le sue intuizioni geniali...

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