Alias Domenica
Come decostruire l’architettura, cioè i canoni del potere
Jacques Derrida Era stato il dialogo con gli architetti Tschumi ed Eisenman per un progetto alla Villette di Parigi (1985), ad accendere l’interesse di Derrida per il «pensiero architetturale». Ora i suoi scritti e interventi sono riediti da Mimesis
Zaha Hadid, Mosca, Dominion Office Building (2012-2015)
Jacques Derrida Era stato il dialogo con gli architetti Tschumi ed Eisenman per un progetto alla Villette di Parigi (1985), ad accendere l’interesse di Derrida per il «pensiero architetturale». Ora i suoi scritti e interventi sono riediti da Mimesis
Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 10 marzo 2019
Jacques Derrida ha avuto, come pochi altri filosofi, un’attenzione particolare per l’architettura, meglio per il «pensiero architetturale» considerato sempre aperto, plurale e «senza stazioni di arrivo prestabilite», come puntualizzò Pier Aldo Rovatti. Impegnato a «decostruire» la tecnica e le forme con le quali la storia della filosofia greco-occidentale ha pensato l’architettura, Derrida ne ha messi in discussione le finalità, le metafore, i modelli e i suoi corpi estranei nell’attesa continua di un differente evento architettonico non più legato a essi. Nonostante la sua filosofia della decostruzione sia stata compresa con difficoltà dagli architetti, quindi, al di là della difficile convivenza...