Come dicevo la settimana scorsa sotto l’argomento “Senza partiti forti la democrazia si spegne”, per rivitalizzare la democrazia e riportare il cittadino ad interessarsi di politica collettiva, sarebbe necessario redistribuire il potere verso il basso, incrementando le forme e i modi della democrazia diretta, cosicché il cittadino possa realmente partecipare ai processi decisionali a tutti i livelli, nelle assemblee elettive, nei partiti e nei sindacati. Quindi non posso che essere d’accordo con quanto scrive Alfiero Grandi nel suo bel pezzo sul manifesto di oggi. Ne sottolineo in particolare l’attenzione focalizzata sul meccanismo elettorale in vigore, grazie al quale la destra governa con il 44% dei voti. Anzi, bisognerebbe dire che governa con il 44% del 63,8% dei voti espressi, vale a dire il 28% del corpo elettorale, 14 milioni e 243 mila su 50 milioni e 869 mila.
In ogni caso pare evidente la distorsione della rappresentanza parlamentare, il deficit di legittimità democratica di un parlamento scaturito da un sistema elettorale truccato dal premio di maggioranza, oltre tutto di tali dimensioni.
Dunque, ripristinare la proporzionalità pura (e le preferenze) nel sistema elettorale, semmai corretta soltanto da una bassa soglia di sbarramento per incentivare processi unitari tra le formazioni minori, appare necessario e opportuno, anche come strumento per iniziare a ricomporre la frattura di fiducia tra la massa degli astenuti e la rappresentanza elettiva.
Come farlo? Alfiero Grandi propone:
“Perché allora non approfondire le condizioni per portare elettrici ed elettori a decidere direttamente sulla legge elettorale?”
Bene, dal momento che in Italia il sistema elettorale è modificabile con legge ordinaria votata dalla maggioranza parlamentare, perché non tentare di sottoporre l’attuale Rosatellum a referendum abrogativo?