Cultura
Come stendersi nudi all’aperto sui versi
Cesare Pavese Un'anticipazione dall’introduzione a «Le poesie», dal 26 maggio in libreria con Einaudi*. Il suo cinismo timido e irresoluto è fatto di spudoratezza innocente, disinvoltura dei corpi, abbandono orizzontale alla terra, messa in dubbio della posizione eretta
Cesare Pavese – LaPresse
Cesare Pavese Un'anticipazione dall’introduzione a «Le poesie», dal 26 maggio in libreria con Einaudi*. Il suo cinismo timido e irresoluto è fatto di spudoratezza innocente, disinvoltura dei corpi, abbandono orizzontale alla terra, messa in dubbio della posizione eretta
Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 23 maggio 2020
Cesare Pavese era un cinico in una società di ipocriti. Cinico come i filosofi cinici greci, Diogene, Antistene, Cratete, Ipparchia; cinico come i cani. Ma più timido, più irresoluto di loro. Il suo sogno: vivere nudo, in una comunità di persone che ammettano di avere un corpo, di essere corpi dalla testa ai piedi, e che lo mostrino, sinceramente, sulla terra, a contatto con il suolo, senza mediazioni. La poesia di Pavese è piena di gente che si butta per terra e si stende sui suoi versi lunghi: «Il meccanico sbronzo è felice buttato in un fosso»; «Dopo un po’...