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Con la possibile virata a destra dell’Italia aumenta il rischio di vincolare il paese al gas

Con la possibile virata a destra dell’Italia aumenta il rischio di vincolare il paese al gas

Elezioni e clima Con la previsione di una vittoria della coalizione di destra alle elezioni anticipate di questo weekend, l’industria dei fossili potrebbe vedere allentata la pressione di agire verso la transizione energetica

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 23 settembre 2022

Questo articolo, tradotto dall’inglese, è parte di una serie di DeSmog realizzata con il supporto di Journalismfund.eu.

La lobby del gas in Italia dovrebbe essere a un passo dalla pensione. Invece gli affari vanno a gonfie vele.

La crisi energetica scatenata dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e la prospettiva che la candidata di estrema destra, Giorgia Meloni, possa vincere le elezioni anticipate di domenica, hanno quasi eclissato la richiesta delle nuove generazioni di abbandonare rapidamente i combustibili fossili.

L’Italia sembra, infatti, muoversi nella direzione opposta. La rapida approvazione di due nuovi terminal per l’importazione di gas e la quasi totale assenza di una reale discussione sulle politiche climatiche in campagna elettorale, sollevano il rischio che le compagnie energetiche lascino l’Italia agganciata al gas fossile per i decenni a venire, affermano campaigner e attivisti.

“È stata alimentata la paura dell’inverno e le famiglie hanno paura di rimanere al freddo” ha detto Elena Gerebizza, campaigner energia e infrastrutture dell’associazione ReCommon. “In questo scenario, diventa sempre più difficile spiegare perché non abbiamo bisogno di nuove infrastrutture per il gas, o perché dobbiamo ridurre il consumo e la dipendenza da esso”.

Con l’impegno dell’Unione europea di ridurre le emissioni di carbonio del 55 percento entro la fine del decennio, rispetto ai livelli del 1990, il gigante italiano di petrolio e gas Eni e l’operatore di gasdotti Snam hanno dichiarato l’obiettivo di azzerare le emissioni. Ma entrambe le compagnie rimangono ancorate a modelli di business basati sui combustibili fossili, secondo quanto risulta dalle analisi di Oil Change International e Institute for Energy Economics and Financial Analysis, anche di fronte a un intensificarsi dell’impatto dei cambiamenti climatici.

Quest’estate l’Italia è stata colpita dalla peggiore siccità degli ultimi 70 anni e, a meno di dieci giorni dalle elezioni, alcune località delle Marche sono state inondate da 400 millimetri di pioggia – la quantità di acqua che solitamente precipita nell’arco di sei mesi. Secondo le ricostruzioni almeno nove persone sono morte nell’alluvione. Quattro i dispersi, incluso un bambino spazzato via dalle braccia della madre.

Un momento delle operazioni di soccorso della Croce Rossa Italiana effettuate a Senigallia, Sassoferrato. Foto/Ansa

 

Anche se il Paese subisce direttamente l’aumentare degli eventi meteorologici estremi, i politici hanno fatto riferimento alla crisi climatica in meno dello 0.5% delle loro dichiarazioni nei talk show italiani e sui loro account Facebook, secondo quanto riportato da uno studio di Greenpeace Italia e dell’Osservatorio di Pavia, un istituto di ricerca sui media.

Fatta eccezione per la coalizione di sinistra Alleanza Verdi-Sinistra e il populista Movimento 5 stelle, tutti i maggiori partiti intendono supportare o aumentare le nuove infrastrutture del gas, secondo una revisione degli impegni dei programmi elettorali realizzata dal think tank Ecco.

Se Meloni vincerà le elezioni e formerà una coalizione con gli altri partiti di destra, come pronosticato dai sondaggi, la lobby del gas, che da tempo ha uno stretto rapporto con lo stato italiano, potrebbe eludere ancora più facilmente i controlli, dicono gli attivisti.

“La destra sovranista italiana si affiderà ancora di più chiavi in mano ai “campioni italiani”, da Eni a Snam per risolvere la crisi energetica, foraggiando il loro business miliardario all’estero, e sussidiando poche ed marginali nuove estrazioni in Italia”, ha affermato Antonio Tricarico, campaigner finanza pubblica e multinazionali di ReCommon.

Una maggiore influenza da parte della lobby del gas potrebbe avere implicazioni ben oltre i confini dell’Italia, che produce l’11% delle emissioni di gas serra dell’Unione europea. Eni e Snam sono membri chiave di Confindustria, che, secondo il gruppo di ricerca InfluenceMap, avrebbe fatto pressioni sull’Unione europea per sostenere nuovi progetti sul gas fossile, opponendosi, nel frattempo, alle politiche volte a limitarne la domanda.

“L’Unione europea è a un punto di svolta storico per il suo mix energetico. Eppure, nonostante le indicazioni degli scienziati, l’associazione industriale italiana Confindustria si oppone all’abbandono del gas”, ha affermato Will Aitchison, responsabile della strategia europea di InfluenceMap. Confindustria, Eni e Snam non hanno risposto alla richiesta di un commento.

L’Italia vincolata al gas

Ancor prima che le elezioni anticipate venissero indette a luglio, quando il presidente del Consiglio Mario Draghi ha rassegnato le dimissioni in seguito al crollo del suo governo di unità nazionale, l’industria del gas italiana aveva ottenuto importanti concessioni sulla scia dell’invasione dell’Ucraina.

Mentre l’Italia si è unita alla corsa per garantirsi alternative al gas russo, il governo di Draghi ha autorizzato Snam a spendere più di 700 milioni di euro per due nuovi rigassificatori, terminal per la ricezione di carichi di gas naturale liquefatto (GNL) – un gas fossile iper-raffreddato in forma liquida per il trasporto su navi cisterne. I rigassificatori saranno utilizzati per riconvertire in forma gassosa il Gnl importato in modo da poterlo immettere nei gasdotti italiani. Sottolineando il senso di urgenza, il governo ha decretato che tutte queste infrastrutture debbano considerarsi “strategiche”, “indifferibili” e “urgenti”.

I critici temono che questi investimenti bloccheranno l’Italia in una dipendenza a lungo termine dal gas fossile, sottolineando che Snam ha richiesto una concessione di 20 anni per un rigassificatore che prevede di installare a Piombino, in Toscana. Allo stesso modo, l’altro terminal, previsto in Sardegna, potrebbe legare l’isola al gas per anni, affermano gli attivisti.

“Tutte le nuove infrastrutture del gas, inclusi i rigassificatori che l’Italia sta facendo acquistare a Snam, hanno un impatto sul lungo termine” spiega Gerebizza di Recommon. “Questo implica che l’Italia si sta preparando a restare dipendente dal gas ancora a lungo”.

Terminale rigassificatore al largo di Rovigo.

Il governo Italiano dichiara di aver ridotto la sua quota di gas importato dalla Russia al 25%, rispetto al 40% dello scorso anno, percentuale che rendeva l’Italia il secondo maggior mercato europeo dopo la Germania per il gas russo. Ciononostante, mentre precipitano i costi di eolico e solare, gli esperti di Ecco si domandano se questi investimenti pubblici, poco trasparenti e su larga scala, sulle infrastrutture del gas non rischiano di lasciare l’Italia gravata da risorse bloccate, a spese dei contribuenti.

“Vedo la situazione come un grande vicolo cieco, enormemente conveniente per le compagnie del gas” dice Pascoe Sabido, ricercatore e attivista di Corporate Europe Observatory, gruppo di ricerca con sede a Bruxelles. Tuttavia, i leader di partito non hanno esitato a sostenere questi progetti.

“I rigassificatori vanno fatti… perché noi ci dobbiamo liberare dalla dipendenza dal gas russo” ha dichiaratoMeloni durante una trasmissione televisiva a fine agosto. L’11 settembre, durante un comizio a Mestre, in Veneto, Meloni ha dato il suo esplicito sostegno a nuove trivellazioni di gas. E in una intervista ha affermato che l’Italia può diventare “un hub per il gas in Europa”.

“Gas italiano”

Sebbene Meloni e altri candidati premier abbiano menzionato le energie rinnovabili in campagna elettorale, l’attenzione dei partiti di destra, in particolare, è stata rivolta ai combustibili fossili, dalla riapertura delle centrali a carbone all’approvazione di nuove infrastrutture per il gas e alle trivellazioni per estrarre “gas italiano” nell’Adriatico.

“Abbandonare le fonti fossili dall’oggi al domani è impensabile,” ha detto Nicola Procaccini, membro del parlamento europeo e portavoce di Fratelli d’Italia per le questioni ambientali, in un incontro con alcuni attivisti di Fridays For Future presso la sede del Fatto Quotidiano.

Come riportato da Greenpeace, il 25 agosto, Matteo Salvini ha detto durante un talk show che è necessario “sbloccare tutti gli impianti energetici che ad oggi sono bloccati dalla burocrazia, estrarre gas ad esempio nell’Adriatico perché altrimenti ce lo fregano i Croati”. Anche Matteo Renzi e Carlo Calenda, hanno espresso sostegno ai rigassificatori e a un aumento della produzione nazionale di gas.

Gli esperti avvertono che, tra l’altro, il gas ottenuto con nuove trivellazioni nell’Adriatico sarebbe marginale nella copertura del fabbisogno nazionale, tuttavia il supporto espresso dai politici è rassicurante per il settore del gas.

“Certamente non è un mistero che le aziende del gas e del petrolio preferiscono un governo che dice sì a nuovi gasdotti, nuove trivellazioni e rigassificatori,” ha detto Luca Iacoboni, responsabile programmi nazionali di Ecco.

Secondo un rapporto di ReCommon, in un anno, fino a giugno 2021, compagnie come Eni e Snam hanno avuto più di 100 incontri con i ministri italiani, incluso Roberto Cingolani, ministro della transizione ecologica. Le aziende hanno voluto assicurarsi che i fondi del Recovery Plan fossero utilizzati nel tentativo “di vincolarci al gas per i prossimi decenni”, afferma il rapporto.

Conflitto di interessi

Con un gesto che è apparso emblematico dello stretto rapporto tra lobby del gas e istituzioni italiane, Claudio Descalzi, amministratore delegato di Eni, ha accompagnato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio nel suo viaggio in Algeria a febbraio, e poi in quello in Angola e Congo a marzo, con l’obiettivo di diversificare le fonti di gas al di fuori dalla Russia.

Secondo InfluenceMap, anche Confindustria costituisce per Eni e Snam un importante veicolo dei loro interessi, Descalzi infatti è membro del Consiglio generale e del Consiglio direttivo del gruppo e Snam è rappresentata in diversi tavoli di lavoro sull’efficienza energetica e le emissioni.

“Nell’ultimo anno, Confindustria ha adottato una duplice strategia per rallentare la transizione energetica: da un lato sostenendo la costruzione di nuove infrastrutture per il gas e di nuove trivelle, dall’altro battendosi contro le politiche europee volte a limitare la domanda di gas”, ha detto Aitchison di InfluenceMap.

Nel 2021, Snam ha speso circa 300mila euro per le attività di lobbying nelle istituzioni europee (Lobby Facts). Secondo InfluenceMap, a novembre del 2021, Snam ha spinto per ricevere “un trattamento preferenziale per il gas fossile e il Gnl” nel contesto di una direttiva europea sulla tassazione dei prodotti energetici.

Snam è anche attiva in un network di lobby europee, impegnate a promuovere il gas fossile come parte della soluzione alla crisi climatica. L’azienda è infatti parte del Gas Infrastructure Europe (Gie) un gruppo con base a Bruxelles che rappresenta gli interessi dei produttori di rigassificatori. Il Gie è a sua volta membro di Gas Naturally, un gruppo che sostiene che “il gas naturale aiuta a realizzare un futuro pulito”. Snam appartiene anche a Gas for Climate, un altro gruppo che promuove il “gas rinnovabile”, un tentativo di “dipingere di verde” l’industria del gas, secondo il Corporate Europe Observatory.

Snam è anche parte di Entsog, una associazione di operatori di gasdotti, che Sabido descrive come “una lobby del gas dentro le strutture della commissione europea, che ha la responsabilità di progettare l’uso del gas nei prossimi dieci anni”. “Esiste quindi un enorme conflitto di interesse perché sono queste stesse compagnie a informare la commissione Europea sulla quantità di gas di cui abbiamo bisogno” spiega Sabido.

I giovani attivisti si mobilitano

Mentre politici ottuagenari attivano account su Tik Tok nel tentativo di raggiungere l’elettorato più giovane, proposte politiche esaurienti sul clima sono pressoché assenti dai programmi elettorali dei maggiori partiti, nonostante i sondaggi mostrino che la crisi climatica è una priorità per gli elettori dai 18 ai 24 anni.

Con la previsione di un raddoppiamento del costo delle bollette da ottobre, i giovani attivisti del clima affermano che le lobby del gas stanno facendo in modo che vengano escluse   politiche che potrebbero alleviare la crisi energetica e, allo stesso tempo, facilitare il passaggio alle all’energia pulita: dall’efficientamento energetico e la tassazione degli extra profitti per attenuare l’impatto sociale delle bollette lievitate, fino alla semplificazione della lunga trafila burocratica che rallenta il passaggio all’energia pulita. La decisione di Cingolani di promuovere Gastech, una conferenza di 4 giorni dell’industria tenutasi a Milano, è stata ulteriore causa di contestazione.

“È spaventoso che persone che dovrebbero preoccuparsi del bene dei cittadini promuovano un evento del genere” dice Sara, 23 anni, attivista di Extinction rebellion Italia. “C’è questa idea che il gas sia l’unica soluzione possibile ai problemi energetici”.

Filippo Sotgiu, 21 anni e portavoce di Fridays for future Italia che propone alla politica un’agenda climatica basata sulla scienza, invita ad andare a votare.

“Votare per chi riesce meglio degli altri a mettere il clima al centro può essere uno strumento molto importante per farsi sentire, e noi speriamo che venga esercitato,” dice Sotgiu. “Noi vogliamo far sì che la politica dia risposte a chi non si sente ascoltato, poi però è anche dei partiti la responsabilità di dare queste risposte”.

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