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Cosa nostra l’abbiamo battuta anche usando la «trattativa»

Cosa nostra l’abbiamo battuta anche usando la «trattativa»Giuseppe Di Lello a Palermo negli anni 80. Alle sue spalle il capo dell’ufficio istruzione Antonino Caponnetto

Stato-mafia L’ex giudice del pool Di Lello dopo la sentenza di appello: «Il romanzone accusatorio della procura di Palermo era incoerente dal principio»

Pubblicato circa 3 anni faEdizione del 30 settembre 2021
«Mi chiedi come ha reagito la città alla sentenza di appello del processo “Trattativa”? Direi con totale indifferenza. Gli unici che si sono fatti notare sono stati alcuni garantisti ritardatari. In prima fila quelli del Pd». Giuseppe Di Lello parla al telefono dalla sua casa di Palermo. Abruzzese di Villa Santa Maria, il paese dei cuochi di cui è stato anche sindaco, in Sicilia è arrivato esattamente cinquanta anni fa, autunno 1971, giudice trentenne destinato alla pretura di Alia. Ha fatto parte del primo pool antimafia, quello di Rocco Chinnici, «ci dividevamo la blindata e il maresciallo dei carabinieri Trapassi...

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