Alias Domenica
Dagli echi «zaum» a una poetica per l’immigrazione
Interviste Da Leningrado, Eugene Ostashevsky arrivò a New York adolescente: la sua poesia oscilla fra la tradizione americana, che ha abolito la rima, e gli esiti virtuosistici della prosodia e della metrica del modernismo russo
Komar e Melamid, «A Knock at the Door» (da «Nostalgic Socialist Realism»), 1982–1983; sotto, il poeta Eugene Ostashevsky
Interviste Da Leningrado, Eugene Ostashevsky arrivò a New York adolescente: la sua poesia oscilla fra la tradizione americana, che ha abolito la rima, e gli esiti virtuosistici della prosodia e della metrica del modernismo russo
Pubblicato circa 7 anni faEdizione del 17 settembre 2017
Nel ventesimo secolo diverse ondate migratorie hanno raggiunto gli Stati Uniti dall’Europa dell’Est, depositando segnali culturali controversi, che hanno suscitato la reazione incuriosita e stepefatta di molti autori naturalizzati: fra questi, Catherine Texier, che ne ha scritto in Russian Lessons (Rawmeash, 2016) e Gina Ochsner, autrice del Libro russo dei sogni a colori (Nottetempo, 2011), a dimostrazione del fatto che la matrice multilinguistica della cultura anglo-americana, messa in luce fra gli altri da Werner Sollors in Multilingual America (1998), produce una dialettica assai più significativa di quanto non emerga dalle questioni politiche all’ordine del giorno. I calchi dell’immigrazione russa, in...