Internazionale
Dai campi di cotone uzbeki alla boutique, filiera criminale
Sfruttamento al 100% Aiuti allo sviluppo, ma solo del lavoro forzato e minorile. Banca mondiale sotto accusa. Condizioni critiche anche dietro al cuoio lavorato nei laboratori del Bangladesh. E nelle fabbriche cambogiane usate dai marchi sportivi più famosi le cose non vanno meglio
Lavoratori nei campi di cotone dell’Uzbekistan
Sfruttamento al 100% Aiuti allo sviluppo, ma solo del lavoro forzato e minorile. Banca mondiale sotto accusa. Condizioni critiche anche dietro al cuoio lavorato nei laboratori del Bangladesh. E nelle fabbriche cambogiane usate dai marchi sportivi più famosi le cose non vanno meglio
Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 2 luglio 2017
Dal cuore di Old Dakha, la capitale del Bangladesh, bisogna prendere dei piccoli battellini per attraversare il Buriganga e raggiungere l’altra sponda. Su questo largo fiume dalle acque nere come la pece si viene traghettati su piroghe sottili e dall’equilibrio apparentemente instabile. C’è un gran traffico di umanità, animali, utensili che, per qualche centesimo, si spostano dalla riva dove troneggia il Palazzo rosa di Ahsan Manzil, una volta sede del «nababbo» (nawab), a un quartiere anonimo dall’altra parte del fiume che scorre verso il Golfo del Bengala. Pieno di negozi di tessuti naturalmente, una delle grandi ricchezze del Bangladesh che...