Editoriale

Dal dramma alla farsa dei frontisti

Dal dramma alla farsa dei frontistiMatteo Renzi – LaPresse

Mentre è ancora nebbia fitta sull’irto Colle, e il Quirinale, arrivati all’ottantaseiesimo giorno di attesa, fa sapere che non bisogna avere fretta, per ingannare il tempo si pronunciano discorsi impegnativi […]

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 31 maggio 2018

Mentre è ancora nebbia fitta sull’irto Colle, e il Quirinale, arrivati all’ottantaseiesimo giorno di attesa, fa sapere che non bisogna avere fretta, per ingannare il tempo si pronunciano discorsi impegnativi e volano parole grosse come «fronte repubblicano».

Sulla linea Maginot di tutti i talk-show avanzano campioni di democrazia che invitano a fare delle prossime elezioni uno spartiacque tra europeismo e nazionalismo.

Naturalmente per il Pd, capofila dello schieramento combattente, spingere verso un cartello macroniano che chiama a raccolta i volenterosi, dai delusi di Forza Italia agli scissionisti pentiti, dovrebbe servire a fermare l’emorragia elettorale. Obiettivo legittimo, considerando i recenti tracolli, ma che a ben vedere ha poco a che fare con la resistenza al «golpe» di Salvini e Di Maio.

Se pensiamo che la sfida sia tra democrazia e barbarie, allora altro che fronte repubblicano, dovremmo presidiare le piazze con la vigilanza democratica contro masse popolari ostili, ma facilmente si passerebbe il confine tra il dramma e la farsa. Oltretutto fa un po’ sorridere come grido di battaglia, quell’adesso «ci godiamo lo spettacolo, pop corn per tutti» da parte di chi rivendica la testa della nuova resistenza ai nuovi barbari che accerchiano il Palazzo dal nord al sud.

È l’ennesima giravolta di Renzi, che infatti un minuto dopo aver chiamato tutti i «repubblicani» alla lotta, ricomincia con i soliti toni arroganti verso i vecchi compagni scissionisti di Leu che vorrebbero entrare a far parte del Fronte.

Il partito che ha tentato la rottamazione delle istituzioni, che ha provato a scassare parlamento, governo e rappresentanza con una legge elettorale che si chiamava Italicum e una riforma costituzionale nefasta, bastonato per questo dagli elettori di sinistra, si propone come l’alfiere della difesa della Carta e degli equilibri istituzionali.

Morire per Calenda e/o per Gentiloni? La credibilità in politica, specialmente di questi tempi, non gode di grande considerazione, ma c’è un limite anche al trasformismo, si possono ingannare tutti qualche volta, non si possono ingannare tutti per sempre.

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