Internazionale
Dal Nobel per la pace al negazionismo sui Rohingya
L'Aia Non fu genocidio, secondo Aung San Suu Kyi. Che davanti ai giudici della Corte internazionale difende l'esercito del Myanmar, forse per calcolo politico. Malgrado 10 mila morti, 700 mila sfollati e i racconti dell'orrore dei sopravvissuti
Campo di Cox Bazar, Bangladesh. Un rifugiato Rohingya segue la deposizione di Aung San Suu Kyi a L'Aia – Afp
L'Aia Non fu genocidio, secondo Aung San Suu Kyi. Che davanti ai giudici della Corte internazionale difende l'esercito del Myanmar, forse per calcolo politico. Malgrado 10 mila morti, 700 mila sfollati e i racconti dell'orrore dei sopravvissuti
Pubblicato quasi 5 anni faEdizione del 12 dicembre 2019
Difendere l’indifendibile. Così l’Economist sintetizzava pochi giorni fa il compito che si è auto-assegnata Aung San Su Kyi: nel 1991 premio Nobel per la pace e ieri a L’Aia, di fronte ai 17 giudici della Corte di giustizia internazionale, scudo ufficiale del governo del Myanmar per i crimini commessi nell’estate del 2017 contro la popolazione Rohingya nello Stato del Rakhine. ALLORA FURONO PIÙ DI 700 MILA i Rohingya costretti a lasciare le proprie case, ad attraversare il fiume Naf e a cercare rifugio nel confinante Bangladesh, nel distretto di Cox Bazar. Abusi, omicidi sommari, villaggi dati alle fiamme, bambini rimasti...