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Dal terrore della traversata ai mestieri del mare

Dal terrore della traversata ai mestieri del mare

Immigrazione Jospeh, Grace, Success, Comfort Augustine e Gift e la nuova vita tra spiagge e fondali

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 30 dicembre 2022

Superare il trauma della traversata del canale di Sicilia avvicinandosi ai mestieri del mare. Il progetto «22 Nodi» (nell’ambito di Procida Capitale della Cultura 2022) ha coinvolto gli ospiti del Sistema di accoglienza e integrazione gestito dalla cooperativa Less sull’isola. Così Joseph, Grace, Success, Augustine, Comfort e Gift hanno scoperto le tradizioni marinare attraverso il laboratorio organizzato dalla società di charter procidana Bluedream: traversate, a vela e a motore, nozioni di navigazione e cartografia, le figure necessarie per la gestione della barca e per l’accoglienza dei turisti. E poi l’uscita in mare con Antonio Trapanese, tra i più giovani pescatori dell’isola, che ha mostrato le tecniche tradizionali del mestiere. Infine, l’esperienza della vela con la Lega Navale.

Spiega Giampaolo Vicerè, responsabile dei progetti di comunità di Procida Capitale: «Il Sai di Procida ospita famiglie: sei adulti tra i 20 e i 30 anni e otto bambini da 3 a 8 anni. Tra questi ultimi, i due più grandi, Nancy ed Emmanuel, hanno fatto l’esperienza della navigazione. Gli altri sono andati alla scoperta di spiagge, mare e fondali grazie ai laboratori all’insegna del riciclo. Con i ramoscelli trovati sulla sabbia, ad esempio, hanno realizzato un albero di Natale con decorazioni a tema marino».

Francis è il mediatore culturale della Less che ha accompagnato gli ospiti del Sai in questa esperienza: «Joseph, è arrivato a dicembre, aveva paura del mare. Dopo le uscite in barca mi ha detto “non ho più paura, in estate andiamo in spiaggia”. Success invece è arrivata d’estate con il desiderio di fare un viaggio in barca a vela, durante il progetto era felicissima: “Hai visto? Quello che cercavo mi è capitato”. E Augustine: “Pensavo fosse difficilissimo avere a che fare con il mare, adesso penso che se mi capita la possibilità di fare il pescatore lo farò”». Success e la figlia Nancy sono state tra le più entusiaste: «La mamma – racconta Vicerè – si è messa subita all’opera, è andata a farsi dare la salopette da pescatore, senza alcun input, per l’uscita sul peschereccio e anche sulle barche più grandi si è fatta valere. A Nancy è piaciuto tantissimo andare in barca a vela con la Lega Navale».

Si tratta di una conquista importante: «I partecipanti al progetto e io veniamo dalla Nigeria – spiega Francis -, nelle nostre regioni di origine il mare non c’è. La prima esperienza è stata la traversata dalla Libia ed è stata brutta. Volevo solo scappare dalla Nigeria per andare dove poter lavorare e vivere senza sentirmi sempre in pericolo. Sono partito nel 2012, a 23 anni: avevo un amico in Libia che mi diceva di raggiungerlo, quando sono arrivato ho provato a chiamarlo ma il suo numero non squillava più. Dopo 4 mesi ho scoperto che l’avevano arrestato. Sono rimasto quasi un anno, lavoravo in un autolavaggio, le persone mi dicevano di andare in Europa ma avevo paura del mare. Sono partito perché ero arrivato al limite, era diventato terribile e mi sono detto proviamo: o muoio o sbarco in Europa. Sono in Italia da 8 anni, da 4 a Procida. Qui le famiglie si trovano bene, si conoscono tutti, le mamme dei compagni di classe aiutano. Se abbiamo nostalgia del cibo di casa prendiamo il traghetto e andiamo a Napoli a comprare gli ingredienti per cucinare i nostri piatti».

Antonio Scotto di Perta è il titolare della Bluedream: «Abbiamo strutturato il progetto per trasformare la loro percezione del mare. Abbiamo mostrato i mestieri del mare: un’infarinatura di navigazione, preparazione della barca, pulizia, hostess, skipper, chef a bordo e poi il lavoro di elettricisti e falegnami. Lo scopo è aprire dei canali con la comunità locale perché possano avere opportunità di lavoro, si potrebbero organizzare stage in modo che siano pronti per la prossima estate, rendendoli così autonomi. Non avevano progettato di venire qui, pensavano che la Libia fosse accogliente. Ho chiesto se avessero avuto informazioni nautiche alla partenza per l’Italia, ma nessuno ha spiegato loro niente, sapevamo soltanto che davanti c’era il mare e dietro il deserto: andando in dietro, nel deserto, potevamo morire ma con una morte lenta; andando avanti pure potevano morire ma almeno sarebbe stato rapido. Il mare però aggiusta tutto: ti allunga la vista, ti allarga i pensieri e ti fa vedere oltre»

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