Editoriale

Dalla Majdan al voto pro Nato

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Ucraina Come volevasi dimostrare, l'Ucraina vota per perdere il proprio status di Paese «non allineato»

Pubblicato quasi 10 anni faEdizione del 24 dicembre 2014

Quando la Majdan, da protesta popolare e variegata (all’inizio c’erano anche gruppi di sinistra, movimento lgbt) contro Yanukovich e la sua decisione di accordarsi con la Russia, anziché firmare il patto di associazione con l’Unione europea, si trasformò in qualcosa di diverso, a guida politica Usa, con tanto di Cia presente a Kiev (con il capo Brennan), l’ambasciata americana come quartier generale e la manovalanza dei gruppi paramilitari neonazisti a picchiare in piazza, apparve chiaro immediatamente il tentativo di un allargamento Nato a est, con il beneplacito – per mancanza di forza e coesione – dell’Unione europea.

Eppure la stampa nostrana continuò a dipingere con tinte romantiche la «rivoluzione ucraina», fino a ritrovarsi un governo guidato da un uomo degli americani e con un presidente oligarca, che sostituiva l’oligarca appena cacciato.

Chi non cascò nella «narrazione» suggerita da chi comandava a Majdan, specificò, invece, che quanto stava succedendo avrebbe per forza di cose prodotto una reazione in Putin e nella Russia.

Pur con le sue contraddizioni e ottusità, il presidente russo non poteva certo rimanere immobile di fronte al rischio di trovarsi le truppe Nato sul proprio confine. Pensiamo cosa potrebbe succedere, se improvvisamente Obama scoprisse di avere le truppe cinesi e russe sul confine americano (e cosa potrebbe succedere in Occidente se una casa di produzione cinematografica – ad esempio cinese – producesse un film – comico e satirico, naturalmente – nel quale salta in aria il presidente americano: potrebbe essere un’altra domanda retorica utile in queste giornate).

Tornando all’Ucraina: la Majdan apparve fin da subito, dunque, una mossa a guida americana, facente perno sulla Nato, per proseguire quell’allargamento ad est iniziato dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica. Il voto del parlamento di Kiev di ieri, con il quale l’Ucraina sancisce la fine del proprio status di paese non allineato, è la conferma di quanto chiaro già da oltre un anno.

Lo dimostrò la Nuland, mandando a quel paese l’Unione europea, lo ha dimostrato l’elezione e il comportamento di Poroshenko, lo hanno dimostrato gli Usa e le tante esercitazioni Nato, lì vicino, nell’ultimo anno.

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