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Deglobalizzazione infelice
Nuova finanza pubblica Se la globalizzazione finanziaria è stata fonte di danni, non tutti i modi di recedere da essa sono benefici, perché si è trattato di una ritirata strategica guidata dai poteri dominanti in una articolazione meno “mondialista”, e non da una politica redistributiva al servizio delle classi lavoratrici
Nuova finanza pubblica Se la globalizzazione finanziaria è stata fonte di danni, non tutti i modi di recedere da essa sono benefici, perché si è trattato di una ritirata strategica guidata dai poteri dominanti in una articolazione meno “mondialista”, e non da una politica redistributiva al servizio delle classi lavoratrici
Pubblicato quasi 5 anni faEdizione del 30 novembre 2019
Il nostro tempo vede nel discorso dominante una contraddizione insanabile: da un lato c’è il “pericolo nazionalista”, o protezionista, o sovranista, che rischierebbe di minacciare la prosperità fornita dalle istanze del free market. Dall’altro ogni istanza sociale che cozza contro la logica dei mercati viene stigmatizzata e derisa, poiché si infrangerebbe contro l’onnipotenza dei mercati finanziari, che non si possono combattere, ma ci si può solo adattare. Ma se sono così imbattibili, dove starebbe il pericolo? Se la globalizzazione finanziaria è così salda, che bisogno c’è di contrastarne gli avversari? La soluzione va trovata recuperando i fondamenti economici delle istanze...