Visioni
Dietro i fantasmi oscuri del football
Intervista Il regista Peter Landesman racconta «Zona d’ombra», il film nelle sale da oggi, sulla connessione fra danni cerebrali e i traumi ricevuti dai giocatori. «È uno sport metafora dell’immagine che l’America vuole proiettare di sè nel mondo e che si associa alla mascolinità»
Will Smith in una scena del film, sotto il regista Peter Landesman
Intervista Il regista Peter Landesman racconta «Zona d’ombra», il film nelle sale da oggi, sulla connessione fra danni cerebrali e i traumi ricevuti dai giocatori. «È uno sport metafora dell’immagine che l’America vuole proiettare di sè nel mondo e che si associa alla mascolinità»
Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 21 aprile 2016
Giulia D'Agnolo VallanNEW YORK
Quando un ex grande dei Pittsburgh Steelers viene trovato morto in auto la sua autopsia è affidata al neuropatologo nigeriano Bennet Omalu (Will Smith) che riscontra danni gravissimi al cervello, provocati da colpi forti e ripetuti nel tempo. È l’inizio della lunga, paziente, battaglia del medico contro la National Football League, e il cono di silenzio da essa imposto sulle implicazioni mediche dello sport più popolare d’America. Popolata dei fantasmi dei giocatori con le teste e la psiche fracassate, e di una cultura corporate disposta a tutto, è la battaglia raccontata da Zona d’ombra – Una scomoda verità, il film...