Editoriale

Distruzione italiana

Senza parole. C’è un problema in questo Paese? E come si risolve? Combattendo l’ evasione fiscale, con un prelievo dalle pensioni più che d’oro? Certo che no. Si risolve mettendo […]

Pubblicato quasi 11 anni faEdizione del 8 gennaio 2014

Senza parole. C’è un problema in questo Paese? E come si risolve? Combattendo l’ evasione fiscale, con un prelievo dalle pensioni più che d’oro? Certo che no.

Si risolve mettendo le mani nelle tasche dei poveri cristi. Non ci si può credere. Nelle tasche degli insegnanti. Quelli che le tasse le pagano sul serio, quelli che ogni giorno fanno il loro lavoro, occupandosi con l’impegno e la passione di sempre, dei nostri figli e nipoti. Magari da precari, magari viaggiando ogni giorno in treni sgarrupati o in macchine forse datate, raggiungendo posti impervi e lontani. Il tutto a loro spese e per stipendi fermi da anni. E senza un minimo di riconoscimento umano e sociale. Quelli che aspettano pazientemente che vengano loro riconosciuti i diritti maturati, gli scatti di anzianità o altre parole ormai vuote di significato come vacanza contrattuale e così via…

Non bastava che la scuola italiana avesse pagato un prezzo altissimo, 8 miliardi e mezzo di euro nell’era gelminiana/tremontiana. Risparmio forzoso anche quello che ha comportato riduzione del tempo scuola, impoverimento della sua proposta culturale, riduzione delle esperienze di qualità e determinato il più grande e silenzioso licenziamento di massa, gli insegnanti precari a cui non veniva rinnovato il contratto. E che ha significato soprattutto cancellazione di almeno 180.000 posti di lavoro, posti persi per sempre. Le statistiche europee ci dicono che gli insegnanti italiani sono i peggio pagati d’Europa e anche i più anziani, visto che Fornero ha deciso di sostituire al prototipo dell’insegnante mamma l’insegnante nonna.

Avevamo sperato che il timido tentativo della ministra Carrozza con l’ultimo decreto sulla scuola potesse essere il segnale di un’inversione di tendenza. Pensavamo che alla scuola italiana si potesse ricominciare a restituire il maltolto. E ancora una volta ci sbagliavamo. Con la sortita del ministro Saccomanni è paradossalmente agli insegnanti che si pretende di togliere il maltolto, quel diritto negato per anni e maturato nel 2013 che adesso dovranno restituire mensilmente, con 150 euro al mese di prelievo forzoso.

Qualcuno del governo minaccia dimissioni, qualcun altro chiede le dimissioni di Saccomanni, forse neppure Tremonti era arrivato a tanto. Un modesto consiglio: vergognatevi e se ce la fate dimettetevi tutti.

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