Ogni volta che chiude una libreria si assiste ad una perdita culturale notevole. Si assiste alla perdita dell’ incanto, dello stupore, della magia che trasmettono vetrine e scaffali di libri.
Si assiste inesorabilmente alla perdita di capacità cognitive che la lettura sa bene come allenare: la metacognizione per esempio, l’ andare oltre e costruire conoscenza con solide radici è una competenza che i lettori acquisiscono da giovani con i libri. Permettere che i libri non facciano più parte di quella cassetta di attrezzi necessaria a costruire il sé e il mondo, ci priverã di grandi ricchezze. E perdere una libreria è l’ inizio della catastrofe culturale e intellettuale.
Dovremmo tutelare le piccole librerie come luoghi sacri e privilegiati: io personalmente acquisto solo libri dalle due librerie di Gavoi e Fonni, gestite da due donne che hanno ricreato piccoli grandi spazi in cui è ancora possibile fare acquisti per fare viaggiare la mente. I libri si leggono ancora, non tanti, ma possiamo fare la differenza per esempio rivolgendoci alle librerie nicchia in tutto il territorio spendendo un po’ in più con le spese di consegna, o attendendo i tempi di prenotazione…Ecco, la lentezza, a cui ha fatto riferimento Il Manifesto nella campagna abbonamenti dovrebbe essere la modalità con cui ci approcciamo ai libri: mantenere il cartaceo, privilegiare i prodotti culturali di nicchia, resistere all’ appiattimento e all’ omologazione, allenare le nostre menti ad un mondo migliore passando anche e soprattutto attraverso le storie dei libri.