È razzismo il diritto alla rappresaglia dell’occupante israeliano
Senza un intervento internazionale che faccia pagare il prezzo al governo israeliano per le continue violazioni della legalità internazionale, dei diritti umani e per i crimini di guerra, non ci […]
Senza un intervento internazionale che faccia pagare il prezzo al governo israeliano per le continue violazioni della legalità internazionale, dei diritti umani e per i crimini di guerra, non ci […]
Senza un intervento internazionale che faccia pagare il prezzo al governo israeliano per le continue violazioni
Certo vi sono voci responsabili e giuste che si levano in Israele tra la stragrande maggioranza della popolazione che mente a se stessa e che rimuove la grande ingiustizia che è stata la Nakba e quella che continua da 47 anni, l’occupazione dei territori palestinesi del 1967. Voci come quelle del giornalista Gideon Levy, di Avraham Burg già presidente del Parlamento israeliano, dei giovani che rifiutano di servire nell’esercito, di Nurit Peled, Premio Sacharov del Parlamento Europeo, degli israeliani che da anni partecipano alle manifestazioni dei Comitati Popolari per la resistenza nonviolenta palestinese contro il Muro e la colonizzazione e tante altre voci che la comunità internazionale dovrebbe ascoltare.
Dal sequestro dei tre giovani coloni e poi dal loro tragico assassinio, il governo d’Israele non ha cercato di colpire i responsabili ma ha punito collettivamente una popolazione intera, più di 500 arresti, tra loro parlamentari, case demolite, infrastrutture distrutte, colpiti centri culturali, università, restrizione della libertà di movimento. E sono stati uccisi donne uomini e bambini. I coloni hanno attaccato villaggi, greggi, incendiato alberi e colture così come hanno dato fuoco ad un giovane di 17 anni – pura esecuzione da Klux Klux Kan – in migliaia hanno marciato con il grido «morte all’arabo» incitati da pii rabbini. Netanyahu ha accusato Hamas senza che vi fosse la loro rivendicazione del sequestro dei giovani coloni. In realtà Hamas è il paravento per colpire l’intera popolazione palestinese e la sua leadership, nel momento in cui faticosamente era stata trovata l’unità nazionale. Se solo volessero negoziato e pace la leadership israeliana dovrebbe gioire della ritrovata unità palestinese visto che è avvenuta sulla base dell’accettazione da parte di Hamas dello Stato Palestinese sui territori occupati (da Israele) nel 1967. Ma come dice Gideon Levy, Israele non vuole la pace, non vuole porre termine al conflitto: spera, com’è accaduto negli Stati uniti, nelle riserve dei nativi d’America, per questo continua a costruire muri, a chiudere i palestinesi nei ghetti a rinchiudersi in ghetti. Sì, perché, come scriveva Avraham Burg, la leadership e la maggioranza degli israeliani non ha saputo sconfiggere Hitler dentro di sé. Così oggi Gaza è di nuovo sotto le bombe, e i palestinesi non possono neppure fuggire, chiusi dal cielo, dalla terra e dal mare, terrorizzati, i bambini traumatizzati. Amcora vittime, ancora senza giustizia.
La strada per la pace passa attraverso l’imposizione ad Israele di fermare le rappresaglie, certo fermando anche i razzi di Hamas sulle città israeliane che per fortuna non hanno fatto vittime. Mentre a Gaza, le vittime sono ormai quasi cento, in gran parte famiglie con bambini, con la distruzione dei servizi. Il campo profughi di Shati, 70.000 persone, è rimasto senz’acqua, le fogne sono state colpite in diversi quartieri e campi profughi.
L’Anp ha chiesto una riunione d’urgenza del Consiglio di Sicurezza dell’Onu e che ogni governo parte contraente della Convenzione di Ginevra adempia all’obbligo politico, morale e legale di proteggere la popolazione palestinese dall’aggressione israeliana. Matteo Renzi e il parlamento italiano che aspettano?
AssopacePalestina
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