Effetti collaterali
Il governo Renzi odia la spesa pubblica, ama lo stato minimo, il mercato, la flessibilità e tutto l’armamentario della teoria economica liberista. Ogni misura o intervento passa dal taglio alla […]
Il governo Renzi odia la spesa pubblica, ama lo stato minimo, il mercato, la flessibilità e tutto l’armamentario della teoria economica liberista. Ogni misura o intervento passa dal taglio alla […]
Il governo Renzi odia la spesa pubblica, ama lo stato minimo, il mercato, la flessibilità e tutto l’armamentario della teoria economica liberista. Ogni misura o intervento passa dal taglio alla spesa pubblica. Volete 80 euro al mese a partire da maggio, la famosa quattordicesima? Allora taglio un valore corrispondente di servizi pubblici. La misura vale 6,6 mld di euro per il 2014, che a regime diventano di 32 mld di tagli. Quindi il governo programma un approfondimento della spendin review, cioè una ulteriore stretta della spesa pubblica. Tagli mirati e attenti ai bisogni dei cittadini? La spesa sanitaria si riduce? Gli investimenti diminuiscono? I salari del pubblico impiego non saranno adeguati? Gli incapienti? Effetti collaterali. Aspettiamo con curiosità il decreto del 18 aprile e questa volta Renzi non potrà eludere il tema come ha fatto durante la conferenza stampa.
Nei prossimi giorni valuteremo meglio il Def (documento economico e finanziaria), ma il sospetto è quello di un taglio aggiuntivo di spesa rispetto a quelli già programmati.
Se i calcoli sono corretti, i tagli potrebbero raggiungere i 42 mld di euro. Sotto traccia c’è il fiscal compact e la riduzione di un ventesimo del debito pubblico eccedente il 60% del rapporto debito/Pil. La recente crescita del debito è unatantum, legata al pagamento dei debiti pregressi e al contributo italiano al fondo salva stati europeo.
Se il Pil crescesse del 2% risolviamo il problema (Padoan). Peccato che la crescita, per il 2014, sarà dello 0,8%. L’effetto macroeconomico delle misure, su cui il governo sta ancora ragionando come ha comunicato il presidente del Consiglio, è di qualche decimale, e non potrebbe essere diversamente. Se consolidiamo l’avanzo primario, cioè una riduzione secca della domanda effettiva, la spesa pubblica, una riduzione della domanda di servizi pubblici e di lavoro equivalente, significa ridurre la domanda aggregata di non meno di 40-50 mld di euro.
Il deficit è coerente con il programma di rientro delineato dal governo Letta. Per il 2014 il deficit sarà del 2,6% e del 2% nel 2015. Nel 2016 sarà raggiunto il pareggio di bilancio strutturale, come imposto dall’infelice modifica della costituzione fatta dal Governo Monti.
Nel frattempo cresce la disoccupazione. Ci vuole tempo per vedere gli effetti delle misure del job act. Immagino di quanto possa crescere il lavoro a tempo determinato. La crescita è stata del 164%, la più alta a livello europeo. In tutta onestà non vedo molti altri spazi di crescita.
Un appunto. Non c’è traccia di politica industriale. Il primo job act almeno faceva finta di trattarla. Ma la realtà ha superato di molto la fantasia.
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