Editoriale

Era la nipote di Mubarak

Non sarà lo statista che in Europa e nel mondo ci invidiavano, ed è pur sempre un imprenditore pregiudicato per reati di frode fiscale, oltre che un ex presidente del […]

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 19 luglio 2014

Non sarà lo statista che in Europa e nel mondo ci invidiavano, ed è pur sempre un imprenditore pregiudicato per reati di frode fiscale, oltre che un ex presidente del consiglio a processo per la compra-vendita di parlamentari. Ma con l’assoluzione pronunciata dai giudici della corte d’appello di Milano, oggi Silvio Berlusconi conquista l’invidiabile status di anziano miliardario a tal punto credulone da scambiare Ruby per la nipote di Mubarak.

Quelle sei telefonate in una notte, alla questura di Milano, mentre era a Parigi per un importante vertice internazionale, erano semplicemente un gesto umanitario verso una ragazza reclutata in una casa-famiglia dai suoi amici, malauguratamente finita in questura per furto. E come avrebbe potuto un presidente del consiglio, privo di collaboratori e informatori, immaginare che l’oggetto delle sue paterne cure fosse una minorenne in cerca di protezione e denaro in cambio di sesso?

Del resto c’è una legge che per questo tipo di reati, tra adulti e minori, prevede “l’ignoranza inevitabile”, cioè la possibilità, nel caso nostro, che l’anziano benefattore ignorasse l’anagrafe dell’ospite delle sue cene eleganti. I magistrati che lo avevano condannato a sette anni e all’interdizione perenne dai pubblici uffici, non potevano pretendere che l’uomo più potente del paese fosse informato dell’età di ogni singola passeggera di quella carovana di donne pagate per esclusivamente per l’amabile conversazione come, al di là di ogni sospetto, spiegava l’affidabile Minetti, maestra di burlesque («c’è la disperata, c’è quella che viene dalle favelas, c’è la zoccola…»). Né c’è chi possa legittimamente sospettare che lo spacchettamento del gravissimo reato di concussione, con l’introduzione della fattispecie di “indebita induzione”, sia stato congegnato per offrire ai magistrati la formula legale per ripulire l’immagine dell’imputato eccellente. Evidentemente la sentenza di primo grado aveva completamente travisato la realtà dei fatti.

Del resto questo non è il paese divorato dal conflitto di interessi fino al punto di cancellare i confini e i conflitti tra destra e sinistra a favore di quell’amalgama, riuscitissimo, delle larghe intese, oggi brillantemente ribattezzate come il patto costituente del Nazareno. Così come in nessun modo il nuovo potere renziano, artefice del patto, può aver influito sul giudizio di assoluzione che ha graziato Berlusconi. La realtà supera sempre la fantasia, e dice che non c’era bisogno di questa assoluzione per ridare a Berlusconi il ruolo di partner privilegiato nella revisione delle regole democratiche. Come si diceva una volta, il problema è politico.

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