Visioni

Essere un’opera d’arte vivente per superare i confini

Essere un’opera d’arte vivente per superare i confiniUna scena da «L’uomo che vendette la sua pelle»

Al cinema Diretto da Kaouther Ben Hania, « L’uomo che vendette la sua pelle». La regista si muove con discreta naturalezza, capace di districarsi tra le mostre d’arte e quel mondo, ma anche in grado di cogliere la realtà complessa degli arabi in generale e dei rifugiati in particolare

Pubblicato circa 3 anni faEdizione del 7 ottobre 2021
Era il 2012 quando la regista tunisina Kaouther Ben Hania si trovava al Louvre e si stava occupando dell’artista belga Wim Delvoye, il quale aveva esposto un’opera singolare: Tim. Tim Steiner stava seduto su una sedia, senza maglietta, e mostrava il tatuaggio sulla schiena, realizzato su disegno dell’artista. Così è nata l’idea di L’uomo che vendette la sua pelle. Sam un giovane siriano, perdutamente innamorato della sua ragazza, si ritrova senza colpa prima imprigionato, poi costretto a fuggire clandestinamente in Libano, dove vive piuttosto malamente e senza prospettive. Avendo fatto dello scrocco alimentare ai vernissage delle mostre una chiave di...

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