Europa «contro i popoli» e i populismi vincono
Con l’aplomb che lo caratterizza, l’opaco presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, non è preoccupato: «Qualunque cosa succeda» alle elezioni europee di fine maggio, «ci sarà una forte maggioranza […]
Con l’aplomb che lo caratterizza, l’opaco presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, non è preoccupato: «Qualunque cosa succeda» alle elezioni europee di fine maggio, «ci sarà una forte maggioranza […]
Con l’aplomb che lo caratterizza, l’opaco presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, non è preoccupato: «Qualunque cosa succeda» alle elezioni europee di fine maggio, «ci sarà una forte maggioranza di deputati pro-europei attorno ai cristiani-democratici, ai social-democratici, ai liberali e ai verdi». Eppure, i sondaggi si susseguono nei vari paesi e rivelano tutti una forte spinta dei partiti che voltano le spalle alla costruzione europea. L’ultima in data è l’inchiesta di opinione del think tank britannico Open Europe.
Che ha sommato i potenziali voti euro-scettici, mettendo assieme estrema sinistra, estrema destra e populisti vari: nel nuovo europarlamento, che grazie al Trattato di Lisbona avrà maggiori poteri, ben 218 seggi su 751 (il 29%) potrebbe essere occupato da esponenti di correnti che rifiutano la costruzione europea (Open Europe calcola che nel parlamento attuale gli euroscettici siano il 21,4%, 164 su 766), con una forte corrente anti-euro.
Se poi si sommano anche gli euro-critici (i tories britannici di Cameron, gli olandesi del Wd o la Csu bavarese), benché in calo, la schiera dei nazionalisti salirebbe ancora di un altro 5%. Con un calcolo del genere e se si tiene conto dell’alta astensione, solo un quarto degli elettori europei (25,6%) sarebbero a favore di uno statu quo o di una maggiore integrazione (secondo un sondaggio del Parlamento europeo per il 70% dei giovani dai 16 ai 30 l’Ue è un vantaggio nella mondializzazione). L’euroscetticismo si manifesta anche con l’astensione, che ha da sempre accompagnato l’elezione europea e con il passare degli anni si è aggravata: i votanti sono passati dal 62% della prima elezione a suffragio universale dell’europarlamento nel ’79 al 43% nel 2009.
Altri istituti di ricerca sono più ottimisti: Absolute Strategy, per esempio, calcola che gli europarlamentari scettici saliranno al 18% dall’8% attuale. Secondo il sito Polwatch 2014, che aggrega i sondaggi nazionali, l’unione in vista tra Fronte nazionale francese e il partito della libertà dell’olandese Gert Wilders potrebbe arrivare ad eleggere 35 deputati e formare cosi’ un gruppo parlamentare (con tutti i vantaggi che questo comporta, non ultimo i circa 3 milioni di euro di finanziamento, che servirà per aumentare la propaganda anti-Ue con i soldi della Ue).
Complessivamente, l’estrema destra potrebbe eleggere 94 deputati, da aggiungersi a 36 affetti da una vera e propria euro-fobia (primo tra tutti, l’Ukip britannico) e 41 conservatori euro-scettici. In molti paesi – e non i più piccoli – i partiti di estrema destra o populisti potrebbero arrivare in testa alle europee: in Francia, alcuni sondaggi danno al primo posto il Fronte nazionale di Marine Le Pen (davanti all’Ump con il Ps al governo solo in terza posizione e molto indietro), l’Ukip di Nigel Farage in Gran Bretagna, Gert Wilder in Olanda, e anche partiti di estrema destra in Danimarca, Finlandia o Austria. Anche in Germania, Alternativ für Deutschland, partito euroscettico nato nel febbraio 2013, manderà dei deputati a Strasburgo (e potrebbe anche esserci un seggio per una formazione neo-nazista). In questa lista, nelle inchieste internazionali, viene anche addizionato il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, che in Italia rivendica già il primo posto e minaccia pugni sul tavolo a Strasburgo.
Gli europeisti cercano di minimizzare. A parte l’intesa che potrebbe intervenire tra Le Pen e Wilders, sarà difficile per l’estrema destra e i populisti creare un fronte comune, visto che ognuno vedrà Strasburgo come un terreno di lotta per difendere i propri interessi nazionali. Sta di fatto pero’ che la campagna elettorale è un po’ dappertutto già condizionata da questa presenza ingombrante. A voler essere ottimisti, si può rilevare che mai si è parlato così tanto di Europa, anche se per criticarla. Ma i partiti tradizionali, a destra come a sinistra, sono obbligati a scendere sul terreno scelto dalla corrente euro-fobica: l’Europa contro i popoli, l’Europa comitato d’affari che non tiene conto della vita dei cittadini, che ha stritolato i paesi della periferia sud e preoccupato il nord «virtuoso», formiche che temono di dover pagare per le cicale. Il risultato è una spinta generalizzata al ripiego su se stessi, alla paura dell’altro, un tempo «l’idraulico polacco», oggi «il lavoratore distaccato rumeno o bulgaro» che fa dumping sociale. Per non parlare dei Rom, capro espiatorio universale.
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