Ex Cirielli via senza drammi. Aprire il carcere si può
Giustizia Edmondo Cirielli, ufficiale dei Carabinieri e oggi deputato dei Fratelli d’Italia, è assurto agli onori delle cronache per una legge che prende da lui il nome, per l’appunto la Cirielli. […]
Giustizia Edmondo Cirielli, ufficiale dei Carabinieri e oggi deputato dei Fratelli d’Italia, è assurto agli onori delle cronache per una legge che prende da lui il nome, per l’appunto la Cirielli. […]
Edmondo Cirielli, ufficiale dei Carabinieri e oggi deputato dei Fratelli d’Italia, è assurto agli onori delle cronache per una legge che prende da lui il nome, per l’appunto la Cirielli. Una legge da lui successivamente disconosciuta. Ex Cirielli per l’appunto è quella legge che contiene norme in materia di prescrizione e di recidiva. A Cirielli non piaceva la parte della legge che riduceva per taluni reati – in primis quelli dei colletti bianchi – i tempi di prescrizione. Lui voleva solo infierire sui recidivi. Il modello era la “three-strikes law” di origine statunitense che prevedeva pene severe fino all’ergastolo per chi reiterava il reato. Tre “strikes” e sei fuori, una espressione tratta dal baseball. Solo che nel baseball chi è eliminato poi torna sul piatto di battuta all’inning successivo, mentre dalle prigioni americane una volta condannati non si esce più. E così la California si riempì di detenuti a dismisura, raggiungendo tassi di affollamento tali da costringere la Corte Suprema degli Stati Uniti d’America a intervenire nel nome della dignità umana imponendo una riduzione dei numeri della carcerazione.
La ex Cirielli fu approvata nell’inverno del 2005. L’opposizione di centrosinistra si scagliò contro ma solo nella parte relativa alla prescrizione, definita salva-Previti. Dalle pagine di questo giornale ribattezzammo quella legge ammazza-Gozzini. I detenuti nel dicembre del 2006, a sei mesi dall’indulto del luglio del 2006, erano scesi a meno di 40 mila unità. Nel frattempo però la ex Cirielli aveva ammazzato la Gozzini impedendo automaticamente ai recidivi (principalmente immigrati e tossicodipendenti) l’accesso ai benefici penitenziari e alle misure alternative. I detenuti sono così saliti a 66 mila unità per colpa di quella legge, nonché della Fini-Giovanardi sulle droghe, delle norme sulla immigrazione, degli eccessi normativi e operativi di custodia cautelare e di altre idiozie penali. Per anni, ovvero da quel lontano inverno del 2005, abbiamo invocato l’abrogazione della legge ex Cirielli nella parte sulla recidiva. La sua cancellazione è anche uno dei capisaldi delle nostre tre proposte di legge di iniziativa popolare – “3leggi.it” – per le quali stiamo raccogliendo nelle piazze 50 mila firme. Su temi analoghi i Radicali sono impegnati in una campagna referendaria.
Ebbene, sembrava che la abrogazione delle legge sulla recidiva fosse un risultato impossibile. Anche nel campo democratico le cautele si sprecavano. Di fronte alle nostre richieste di abrogazione ci sentivamo dire in sequenza: non è possibile, non è questo il momento, che penserà la gente, come reagiranno i media, bisogna rispettare la percezione di insicurezza delle persone, non si possono umiliare le forze di polizia. Nel frattempo, però, le condizioni materiali di vita delle persone detenute sono andate progressivamente deteriorando a causa del sovraffollamento crescente e della assenza di spazi minimi vitali nelle carceri. Grazie al lavoro del difensore civico di Antigone ben 150 ricorsi sono stati presentati alla Corte europea dei diritti umani.
L’Italia viene così condannata con una sentenza pilota: entro maggio 2014 deve essere risolto il nodo del sovraffollamento in modo da restituire dignità alle persone recluse. Così pochi giorni fa con decreto legge viene abrogata la ex Cirielli proprio nella parte sulla recidiva. Ciò avviene senza che vi sia sollevazione popolare. Nel frattempo la Camera approva un disegno di legge che eleva la detenzione domiciliare a pena principale direttamente comminabile dal giudice di cognizione nonché introduce nel codice di procedura penale per adulti la messa alla prova.
Vien da dire allora che se alcune cose si possono fare senza che le masse si indignino perché non fare altri passi in avanti nel nome del’equità sociale e penale? Perché non abrogare quindi la madre di tutti i problemi carcerari ovvero la legge sulle droghe? Perché non cavalcare l’onda di ragionevolezza e modificare le norme sulla custodia cautelare oppure togliere di mezzo quelle sulla immigrazione? Non ci si spaventerà mica delle reazioni di Carlo Giovanardi o di Fabrizio Cicchitto? O della opposizione dei Fratelli d’Italia, della Lega e del Movimento 5 Stelle? Noi, con molte organizzazioni, abbiamo tre proposte di legge su tortura, carceri e droghe e facciamo appello a tutte le forze politiche perché le mettano subito in discussione e le approvino così come sono. Siamo certi che anche in questo caso non vi saranno reazioni penal-populiste.
Infine va ricordato che i problemi del carcere non sono tutti legati al sovraffollamento. Il sovraffollamento è un problema ma è anche una causa di giustificazione perfetta per avallare l’inerzia. Nei giorni scorsi il ministro della Giustizia ha nominato una Commissione per gli interventi in materia penitenziaria e ha chiamato a presiederla il nostro Mauro Palma. «Le celle vanno aperte e il carcere va riempito di occasioni di responsabilizzazione». Mauro Palma ha totalmente ragione. Non c’è giustificazione plausibile alla regola per cui un detenuto in media trascorre nell’ozio 20-22 ore al giorno in celle maleodoranti. Aprire le celle si può fare subito.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento