Fatevi slavi. O americani
«Volete evitare chiusura e delocalizzazione in Polonia? Allora diventate polacchi», tagliando il salario quasi della metà rispetto alle 1.400 euro di adesso e cancellando i diritti sindacali conquistati. Mai così […]
«Volete evitare chiusura e delocalizzazione in Polonia? Allora diventate polacchi», tagliando il salario quasi della metà rispetto alle 1.400 euro di adesso e cancellando i diritti sindacali conquistati. Mai così […]
«Volete evitare chiusura e delocalizzazione in Polonia? Allora diventate polacchi», tagliando il salario quasi della metà rispetto alle 1.400 euro di adesso e cancellando i diritti sindacali conquistati. Mai così esplicito il ricatto ai lavoratori di una multinazionale, la svedese Electrolux – ma non è la sola e l’affare puzza tanto di Marchionne.
Insomma, alla richiesta di lavoro, occupazione, investimenti, la risposta dei padroni globali è «fatevi slavi», altrimenti porteremo fuori il teatro dello sfruttamento del lavoro in una terra assai più vantaggiosa per salario, prezzo e profitto. Operai d’Italia, diventate slavi. Come quelli polacchi che nella fabbrica Electrolux di Olawa in Bassa Slesia, guadagnano infatti 2.300 zloty al mese, circa 540 euro, oppure come quelli ucraini, slovacchi, romeni – la Romania è stata la prima terra di delocalizzazione – bulgari, o meglio ancora serbi che alla Fiat di Kraguievac, non arrivano a 250 euro al mese.
I lavoratori e i sindacati, in prima fila la Fiom, hanno detto subito no e partono gli scioperi. La vicenda è anche al centro della politica: la presidente regionale del Friuli Serracchiani (renziana) è sul piede di guerra contro l’acquiescente ministro dello Sviluppo Zanonato (bersaniano). Nel braccio di ferro tra ex democristiani, Renzi contro Letta, alla fine qualcosa si troverà. Ma fuori da questa palude, dipenderà ancora una volta dalla mobilitazione dei lavoratori e da una nuova consapevolezza. Rifiutare il diktat «fatevi slavi» ricordando che la radice della parola slavo e sclavo, cioè schiavo. La condizione diseguale della nuova classe operaia dell’est Europa, non è solo il metro di paragone negativo da rifiutare qui. Anche lì, in terra slava, è insopportabile ormai. I processi di globalizzazione vanno come il vento, quel salario è di fame anche lì. Certo meglio che niente: dentro la fabbrica il futuro appare. Ma il presente è negato. La lotta sindacale richiede almeno un’iniziativa europea, a partire dalle vertenze delle grandi multinazionali.
Oppure fatevi americani, (sarà un po’ più difficile che diventare slavi però). Perché ieri, anticipando il tradizionale discorso sullo Stato dell’Unione, Obama ha deciso con decreto di aumentare i salari minimi dei lavoratori (solo quelli federali) e di indicizzarli all’aumento del costo della vita. Riattualizzando quella scala mobile che venne tolta alla classe operaia italiana nei craxiani anni Ottanta. Jobs act? Jobs fact.
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