Internazionale
Un “filo” d’imbarazzo per Benetton
Bangladesh Le macerie del Rana Plaza restituiscono T-shirt col marchio dell'azienda italiana e ordini d'acquisto. Una semplice smentita a questo punto non basta. E la campagna «Abiti puliti» chiede spiegazioni. Il sistema del tessile si regge sul lavoro low-cost e le agevolazioni fiscali. Di qui si chiama "globalizzazione", di là "boom economico"
Non si placa la rabbia degli operai tessili dopo il crollo del Rana Plaza – Reuters
Bangladesh Le macerie del Rana Plaza restituiscono T-shirt col marchio dell'azienda italiana e ordini d'acquisto. Una semplice smentita a questo punto non basta. E la campagna «Abiti puliti» chiede spiegazioni. Il sistema del tessile si regge sul lavoro low-cost e le agevolazioni fiscali. Di qui si chiama "globalizzazione", di là "boom economico"
Pubblicato più di 11 anni faEdizione del 30 aprile 2013
C’è un filo di imbarazzo forse negli uffici della Benetton. Un filo, è il caso di dirlo, molto simile a quello che si intesse sui telai che fabbricano magliette e che dal trevigiano arriva sino alla tragedia di Dhaka. Nonostante proprio qualche giorno fa l’azienda italiana, presente come gruppo in 120 Paesi con oltre 5.500 negozi, avesse preso le distanze dalle fabbriche bangladeshi coinvolte nel crollo del Rana Plaza sostenendo che «i laboratori coinvolti non collaborano in alcun modo con i marchi del gruppo Benetton», adesso spuntano fotografie e documenti, persino magliette etichettate United Colors of Benetton. Le t-shirt, fotografate...