Alias Domenica
Focillon, non archeologo ma poeta dei legami formali
Annamaria Ducci, "Henri Focillon en son temps. La liberté des formes", Presses Universitaires de Strasbourg Dalla migliore specialista dello storico dell'arte francese la lettura sfaccettata di un pensiero che fece del Medioevo, e non solo, un principio formale
"Jongleur", terzo quarto del XII secolo, dalla chiesa Saint-Pierre-le-Puellier di Bourges, Lione, Musée de Beaux-Arts
Annamaria Ducci, "Henri Focillon en son temps. La liberté des formes", Presses Universitaires de Strasbourg Dalla migliore specialista dello storico dell'arte francese la lettura sfaccettata di un pensiero che fece del Medioevo, e non solo, un principio formale
Pubblicato quasi 3 anni faEdizione del 6 febbraio 2022
«Si crede che io sia qui per insegnare l’archeologia. Che errore! Io insegno la poesia. Se questi signori lo sapessero, mi caccerebbero fuori a calci nel sedere». Quando Henri Focillon (1881-1943) si lasciò andare a questa esternazione, ricordata dal suo allievo Philippe Verdier, era da poco arrivato alla cattedra della Sorbona che era stata di Émile Mâle, dal 1923 direttore dell’École Française di Roma. Non era certo una successione scontata. Sin dagli anni in cui insegnava a Lione, Focillon aveva iniziato a percorrere vie diverse. Se la Storia dell’arte non aveva ancora trovato un posto stabile nell’insegnamento universitario, la medievistica...