Francesco Mandarini, un compagno, un amico
Francesco Mandarini nella redazione del giornale a Roma – Marco Cinque /il manifesto
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Francesco Mandarini, un compagno, un amico

L'omaggio dei compagni di una vita Dal Pci a «micropolis», Mandarini ha mantenuto un sotterraneo spirito sovversivo che lo poneva sempre dalla parte degli sfruttati. Il 17 marzo alle 15 a Perugia l’ultimo saluto
Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 17 marzo 2022

Qualche anno fa, parlando con un amico, Francesco gli disse: «Ho deciso, voglio arrivare a ottanta anni». Non crediamo alla premonizione, certo è che è una strana coincidenza che nella notte del suo ottantesimo compleanno, dopo averlo festeggiato con parenti e amici, sia scomparso passando senza traumi dal sonno alla morte.

Una vita ricca di passioni, di esperienze, di lotte in cui Mandarini si è costruito come uomo, come politico, come oppositore di una deriva sociale e politica che aveva visto con lucidità e a cui ha continuato ad opporsi con tenacia nell’ultimo trentennio.

Nato in un quartiere popolare di Perugia, Borgo Sant’Angelo, si è ribellato a un destino che sembrava segnato e ha individuato nella politica lo strumento del proprio riscatto, comprendendo immediatamente, fin da ragazzo, che non ci si libera da soli ma con gli altri, con i propri compagni di lavoro, con i ceti popolari con cui aveva vissuto la propria infanzia e adolescenza. Da ciò la sua adesione alla Fgci, lui operaio della Perugina che si impegna nel sindacato e nel partito, facendo esperienze importanti che lo vedono protagonista nelle lotte di fabbrica degli anni Sessanta e nella affermazione della democrazia operaia.

All’XI congresso si schiera con Ingrao. Dopo la sconfitta del leader della sinistra comunista ritorna alle sue radici, alla fabbrica. Fu lui, insieme ad altri compagni, a imporre l’elezione del Consiglio di fabbrica su scheda bianca e non su liste di organizzazione. Fu il più votato e ne divenne segretario.

Questa legittimazione di massa determinò due effetti.

Il primo è che nonostante i rapporti con i compagni che usciranno dal partito per fondare il manifesto, con cui ha sempre continuato a mantenere rapporti di amicizia e con cui condivideva molte analisi e molte critiche al Pci, rimase nel partito nella convinzione che extra ecclesia nulla salus.

Il secondo è che venne candidato ed eletto nel 1970, a soli 28 anni, al Consiglio regionale. Vi rimase fino al 1993 nei diversi ruoli di consigliere, assessore e dal 1987 al 1992 di presidente della giunta. Lo sforzo fu quello di garantire agli umbri un sistema di welfare avanzato e contemporaneamente uno sviluppo che consentisse alla regione di uscire dal sottosviluppo e dalla marginalità che l’avevano contrassegnata, accompagnandola verso la modernità.

Fu anche uomo di partito, dal 1975 al 1982 assunse l’incarico di segretario della federazione perugina del Pci. In questo quadro mantenne intatto il rapporto con Ingrao e fu con lui nell’opposizione allo scioglimento del partito dopo la caduta del muro di Berlino e la fine del blocco sovietico.

Questa caparbia convinzione, che la trasformazione da Pci a Pds fosse stato un esito infausto destinato a logorare un movimento operaio ormai in crisi lo marginalizzò nel nuovo partito e lo porterà a uscire dalla sua compagine organizzativa.

Fu in questo quadro che si riallacciarono non solo sul piano amicale i rapporti con i compagni con cui aveva iniziato la propria attività politica, ossia con quella che poi sarà la redazione di Micropolis. Fu lui che propose un mensile umbro e che caldeggiò che uscisse come inserto autonomo con il manifesto. Fu a lungo l’editorialista del giornale e divenne presidente della Manifesto Spa, l’ultimo prima della messa in liquidazione della testata, fortunatamente riacquistata dalla cooperativa di giornalisti che oggi la gestisce.

Ha collaborato fino a ieri a micropolis. Spesso, date le difficoltà che trovava a scrivere, attraverso interviste in cui alternava riflessione politica e memorie personali.

In tutti i ruoli che ha ricoperto ha mantenuto i tratti peculiari del suo carattere e della sua formazione: un sotterraneo spirito sovversivo che lo poneva sempre dalla parte degli sfruttati e dei poveri e contro le ingiustizie; una competenza di amministratore con un disegno politico complessivo; un’attenzione alle ragioni della modernità lette sempre come percorso attraverso cui i più deboli potevano uscire dalla minorità e diventare cittadini partecipi di una democrazia avanzata.

Si coniugavano in tale percorso la sua origine operaia e popolare, una infinita capacità di lettura che lo ha accompagnato fino agli ultimi giorni, la conquista di un’ampia cultura perseguita con una applicazione e un sacrificio costanti.

Alla redazione di micropolis, del suo giornale, mancherà. Come mancherà ai compagni e agli amici che lo conoscevano e lo frequentavano in alcuni casi da oltre mezzo secolo.

Ci mancherà la sua personalità ruvida, scontrosa e generosa, la capacità che aveva di indignarsi e lo sforzo costante e non nostalgico di leggere la politica e di proiettarla nel futuro.

L’autore fa parte della redazione di micropolis, il mensile distribuito in Umbria insieme al manifesto.

L’ultimo saluto a Francesco Mandarini sarà giovedì 17 marzo alle 15 alla Casa funeraria Passeri, via Gaetano Donizzetti 115, San Sisto Perugia

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