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Fry, svolta formalista con i ‘primitivi’

Fry, svolta formalista con i ‘primitivi’Roger Fry in una foto di Augustus Charles Cooper, Londra, National Portrait Gallery

Editoria Gran Bretagna: Caroline Elam, "Roger Fry and Italian Art", Ad Ilissvm + The Burlington Magazine Il libro mette a fuoco la lettura modernista che il saggista di Bloomsbury diede della nostra pittura tre-quattrocentesca. Fu nei cosiddetti «primitivi italiani» che egli trovò le ragioni per apprezzare le semplificazioni formali di Cézanne o di Gauguin

Pubblicato circa 5 anni faEdizione del 8 settembre 2019
Quando Vanessa Bell si trovò tra le mani, ancor prima che venisse pubblicato, il libro che Virginia Woolf aveva scritto sulla vita dell’amico Roger Fry, non poté che ammirarne il risultato: «me lo hai ridato», scriveva alla sorella nel marzo 1940. Fry (1866-1934) era scomparso da soli sei anni, lasciando Bloomsbury nell’incredulità dolorosa della perdita. Se Virginia Woolf non avesse deciso, dopo molte resistenze, di mettersi all’opera per scrivere la biografia dell’amico, forse il nome di Fry sarebbe ancor oggi noto solo a un gruppetto di specialisti. Fry fu una di quelle personalità impossibile da imbrigliare sotto un’unica e sola...

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