Alias Domenica

Gnoli, lo sguardo delle cose nell’epidermide calorosa

Gnoli, lo sguardo delle cose nell’epidermide calorosaMilano, Fondazione Prada, un «passaggio» della mostra di Domenico Gnoli: da sin. a destra, "Red Dress Collar", 1969, "Robe verte", 1967, "Fermeture éclair (Zipper)", 1967, foto Roberto Marossi courtesy

A Milano, Fondazione Prada, la mostra di Domenico Gnoli, concepita da Germano Celant, a cura di Carlo Barbatti Cominciò, su scala internazionale, con illustrazioni e scenografie bizzarre e capricciose, ma è nel 1964 che l’occhio dell'artista nato a Roma si fa originale: in picchiata a schiacciarsi sugli oggetti. Le sue asole e i suoi bottoni hanno una qualità «imperterrita» che rimonta alla Metafisica, ma con affabilità

Pubblicato quasi 3 anni faEdizione del 19 dicembre 2021
Domenico Gnoli nel 1963, fotografato da Mimì Gnoli   Alla richiesta di scrivere qualche parola sul suo lavoro, per accompagnare le opere in mostra al Premio Marzotto del 1966-’67, il trentatreenne Domenico Gnoli rispose con poche righe acuminate: «In un momento come questo di iconoclastica antipittura che vorrebbe rompere tutti i ponti col passato, io tengo a collocare il mio lavoro in quella tradizione “non eloquente” nata in Italia nel quattrocento e arrivata fino a noi passando, da ultimo, per la scuola metafisica. Mentre sembra conclusa l’esperienza di quanti vollero interpretare, deformare, scomporre e ricreare, la realtà ci si ripropone...

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