Alias
Harari, l’insolita parabola di un diamante dimenticato
Scene/Ripubblicati vari dischi della band sudafricana, vere star in patria tra gli anni Settanta e Ottanta, ma praticamente sconosciuti all’estero Ispiratori e precursori di afro soul e afro jazz, la loro storia è nata e si è sviluppata nel periodo più feroce dell’apartheid. Ripensando a Radio LM
La copertina di «Harari» (The Beaters, Matsuli Music)
Scene/Ripubblicati vari dischi della band sudafricana, vere star in patria tra gli anni Settanta e Ottanta, ma praticamente sconosciuti all’estero Ispiratori e precursori di afro soul e afro jazz, la loro storia è nata e si è sviluppata nel periodo più feroce dell’apartheid. Ripensando a Radio LM
Pubblicato quasi 3 anni faEdizione del 22 gennaio 2022
L’universo magmatico della cosiddetta «musica africana» (un insieme infinito di stili, di variabili, di contaminazioni) lascia spesso emergere antichi gioielli dimenticati. In questo senso il lavoro di ricerca di molti appassionati ed etichette, come la Analog Africa di cui parliamo accanto, ci permettono di scoprire dischi e artisti dietro cui si nascondono storie particolarissime. Valga la recente ristampa di un album, Harari (The Beaters, Matsuli Music) inciso nel 1975, che testimonia l’attività di un gruppo nero sudafricano, nato come Beaters, interprete del Soweto soul, poi evolutosi con il nome di Harari verso un interessantissimo mix di funk e rock dalla...