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Ikram Nazih, la blasfemia serve alla repressione
Italia/Marocco L’impegno per la liberazione di Ikram Nazih, la cui vicenda è passata in sordina, dovrebbe essere l’occasione per chiedere la liberazione di tutti i condannati per blasfemia, numerosi in tutto il mondo, alcuni dei quali rischiano la pena di morte, uno strumento usato spesso da regimi autoritari per eliminare gli oppositori
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Italia/Marocco L’impegno per la liberazione di Ikram Nazih, la cui vicenda è passata in sordina, dovrebbe essere l’occasione per chiedere la liberazione di tutti i condannati per blasfemia, numerosi in tutto il mondo, alcuni dei quali rischiano la pena di morte, uno strumento usato spesso da regimi autoritari per eliminare gli oppositori
Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 7 agosto 2021
Perché tanta reticenza da parte dei media a parlare del caso di Ikram Nazih, paragonato a quello di Patrick Zaki? Ikram, giovane ventitreenne italo-marocchina è stata condannata in Marocco a tre anni e mezzo di carcere e a una multa di 50mila dirham, poco meno di 5mila euro, per blasfemia. La colpa: aver condiviso una vignetta su Facebook in cui si ironizzava sulla sura 108 del Corano – detta dell’Abbondanza – definendola un «versetto del whiskey». Di fronte alle reazioni ostili provocate, Ikram aveva cancellato il post che però era già stato notato da un’associazione religiosa marocchina che l’aveva denunciata...